venerdì, settembre 19, 2008

Caso Zanotti: la sentenza della CdA di Bologna

Si pubblica la sentenza della Corte di Appello di Bologna che ha autorizzato l'esecuzione del MAE emesso dalla Corte di Kalamata a carico di Zanotti per traffico internazionale di stupefacenti (20 grammi di hashish nel caso di specie!); avevamo sollevato su questo Blog dubbi sulla giurisprudenza della Cassazione in tema di interpretazione coforme della legge interna sul MAE per quanto riguarda i termini massimi di custodia cautelare (di fatto veniva considerato inapplicabile il divieto di consegna verso paesi le cui legislazioni non prevedono termini massimi di custodia cautelare); la questione è passata sotto silenzio ed ora se ne avvertono le prime conseguenze.
CORTE D'APPELLO DI BOLOGNA
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa penale per consegna da parte dell'Italia a seguito di mandato di arresto europeo emesso nei confronti di:
Luca Zanotti, nato a Rimini il 10/10/1983, residente in Santarcangelo di Romagna, Via Pedrignone n. 21, attualmente con obbligo di dimora nel Comune di Santarcangelo di Romagna,
FATTO E DIRITTO





In data 23.05.2008 i carabinieri di Bologna hanno eseguito l'arresto, a seguito di mandato di arresto europeo emesso dall'autorità giudiziaria greca, di Zanotti Luca, nato a Rimini il 10.10.1983;
Lo Zanotti, interrogato in sede di udienza di convalida dell'arresto il giorno 24.05.2008, ha negato il proprio consenso alla consegna.
All'esito dell'udienza, convalidato l'arresto, lo Zanotti è stato rimesso in libertà ed è stata applicata nei suoi confronti la misura coercitiva dell'obbligo di dimora nel Comune di Santarcangelo di Romagna con divieto di allontanarsi dall'abitazione tra le ore 22.00 e le ore 6.00 di ogni giorno.
Ritiene la Corte che sussistano tutti i presupposti di legge per l'accoglimento della richiesta:
- il mandato di arresto posto a fondamento risulta sottoscritto dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Kalamata - ed è debitamente motivato:
- l'autorità greca ha inviato gli atti relativi al procedimento penale pendente nei suoi confronti; ed in particolare, la sentenza n. 142/2007 in data 20 novembre 2007 della Corte di Appello di Kalamata, con la quale ne è stato disposto l'arresto e la detenzione temporanea in custodia cautelare fino a che non fosse intervenuto il giudizio sulla causa penale; Luca Zanotti è imputato di aver introdotto nel territorio greco sostanze stupefacenti, di aver acquistato sostanze stupefacenti, di aver trasportato sostanze stupefacenti e di aver detenuto sostanze stupefacenti; con la stessa decisione la Corte lo ha rinviato a giudizio davanti al Tribunale correzionale monocratico di Kalamata per aver fatto uso in comune con altra persona di sostanze stupefacenti ed in particolare di canapa indiana, senza che sia risultato dipendente da sostanze stupefacenti;
- ha quindi disposto la sospensione del processo per i più gravi delitti di competenza della medesima Corte;
- il cittadino italiano è stato fermato il 29.09.2005 al km. 7 della strada provinciale di Areopoli - Kalamata, insieme ad un connazionale, mentre era alla guida di un'automobile nella quale è stato rinvenuto un quantitativo di canapa indiana lavorata nella forma di cioccolato, del peso totale di 21,95 grammi, di cui un quantitativo di 1,95 grammi era confezionato con un sacchetto di plastica e riposto in un marsupio trovato sul pavimento lato passeggero, mentre un quantitativo di 20 grammi era contenuto in un sacchetto di plastica posto sotto il sedile lato passeggero;
- lo Zanotti è accusato di concorso nella detenzione della sostanza stupefacente al fine della successiva cessione;
- appaiono soddisfatte le garanzie relative ai diritti ed ai principi stabiliti dai trattati internazionali e dalla Costituzione;
- appaiono rispettati i principi enunciati dall'art.6 legge 22 aprile 2005 n. 69 relativi al contenuto del mandato di arresto europeo;
- dalla qualificazione giuridica del fatto risulta che i reati contestati sono puniti anche dalla legge italiana;
- ciascun fatto ascritto è punito dalla legge dello Stato richiedente con pena non inferiore a dodici mesi;

- non risulta la sussistenza di alcuno degli elementi ostativi di cui all'art. 18 della legge n. 69/2005;
- è stato emesso dall'autorità giudiziaria greca provvedimento applicativo di misura detentiva cautelare temporanea tino al giudizio;
- non è stato offerto all'esame della Corte alcun elemento concreto dal quale dedurre eventuali irregolarità o violazioni dei principi dell'ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali o in tema di diritti di libertà e del giusto processo;
Ritiene, inoltre, la Corte che le doglianze di cui alla memoria presentata dal difensore dello Zanotti siano infondate in quanto:
1) sulla dedotta assenza dell'indicazione dei limiti massimi di carcerazione preventiva nel mandato di arresto, si osserva che non appare necessaria da parte dell'autorità dello Stato richiedente l'indicazione di termini massimi della custodia cautelare essendo noto che la Grecia prevede termini temporalmente definiti di custodia preventiva prima della fase del giudizio come ricordato nella sentenza delle SS. UU. 30.01.2007 n.4614; e che il mandato di cui trattasi si basa sulla richiamata decisione esecutiva della Corte di Appello di Kalamata con la quale è stata sospesa l'udienza ed è stato ordinato l'arresto e la custodia cautelare, definita come temporanea, dell'imputato fino al giudizio sulle accuse a suo carico; ritiene la Corte che, proprio sulla base della formulazione del principio di diritto di cui alla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione 30.01.2007 n. 4614, richiamata nella memoria difensiva, l'art. 18 lett. e) della legge sul mandato di arresto europeo deve essere interpretato nel senso che non sia richiesta nell'ordinamento dello Stato richiedente una disciplina normativa simile a quella italiana, nel senso che non si richiede la previsione di termini massimi complessivi di custodia cautelare; bensì che nella legislazione dello Stato membro di emissione sia espressamente fissato un termine di durata della custodia cautelare quantomeno fino alla sentenza di condanna di primo grado; tale requisito appare soddisfatto dalla legislazione greca essendosi richiamata negli atti trasmessi la durata temporanea della misura cautelare disposta nei confronti del cittadino italiano;
2) sul luogo di commissione del reato di detenzione, trasporto ed importazione di sostanze stupefacenti, non può essere accolta la tesi difensiva secondo cui, essendo parte della condotta avvenuta in Italia, vi sarebbe il difetto di giurisdizione dell'autorità greca: quantunque nella sentenza della Corte greca
' si affermi che la sostanza è stata importata dall'Italia, non vi è nessun dato in base al quale tale circostanza risulti provata; né è dato conoscere in quale parte del territorio nazionale sarebbe avvenuto l'acquisto; in ogni caso, le condotte contestate dall'autorità greca sono state tutte consumate in quel territorio, potendosi, tutt'al più, ipotizzare che in territorio italiano sia stata tenuta una condotta di esportazione, diversa dunque da quelle contestate.
3) sull'asserita assenza di motivazione del provvedimento cautelare in base al quale è stato emesso il mandato di arresto europeo, il quadro indiziario in esso rappresentato e richiamato nella sentenza della Corte di Appello di Kalamata




Appare sufficientemente circostanziato sulla base del! attività investigativa svolta che ha portato al sequestro della sostanza stupefacente la cui detenzione
È stata riferita agli occupanti dell'automobile in cui è stata rinvenuta; in questo senso si ritiene soddisfatta la condizione richiamata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite che sia assicurata la verifica che il mandato di arresto sia fondato su un compendio indiziario proprio di un fatto reato; nella sentenza delle SS.UU, si afferma, infatti, che l'autorità giudiziaria di emissione deve dare ragione del mandato di arresto che può realizzarsi anche attraverso la puntuale allegazione delle evidenze fattuali a carico della persona di cui si chiede la consegna; tale verifica si è resa possibile, nel caso in esame, proprio sulla base della puntuale descrizione del fatto astrattamente qualificabile, anche per la legislazione italiana, come reato in quanto connesso con 1' illecita detenzione di sostanze stupefacenti non per uso personale;
4) quanto alla doglianza relativa al diritto riconosciuto dall'ordinamento italiano all'imputato di non essere presente al processo e al divieto di emettere a questo fine misure cautelari, va osservato che l'autorità giudiziaria greca ha emesso il provvedimento cautelare con la stessa decisione con cui ha disposto la sospensione del processo senza peraltro far espresso riferimento alla necessità della presenza dell'imputato; la ragione del mandato di arresto europeo conseguente all'adozione di misura di custodia cautelare non sembra pertanto da ricollegarsi quantomeno a quésto unico fine.In ogni caso, la legge 69/05 impone al giudice italiano la verifica dellasussistenza di gravi indizi di reità, e non delle esigenze cautelari poste a basedel provvedimento, esigenze che possono ovviamente variare da unordinamento all'altro.

P.Q.M. LA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA

Visto l'art. 17 L. 69/05 \ ....
DISPONE
La consegna all'autorità giudiziaria greca di Zanotti Luca nato a Rimini il 10/10/1983, in base al mandato di arresto europeo emesso il 17.03.2008 dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Kalamata, subordinando la consegna alla condizione che lo Zanotti sconti in Italia l'eventuale pena che gli sia inflitta.
Manda alla Cancelleria per quanto di competenza.

mercoledì, settembre 17, 2008

Aggravante di clandestinità e cittadini UE

Sembrava scontato ma pare che la questione abbia sollevato dubbi. E' chiaro che l'aggravante di clandestinità non possa essere applicata ai cittadini comunitari, nemmeno nelle ipotesi questi non riempiano integralmente le condizioni (spesso ridicole come nel caso della presunzione di soggiorno da oltre 3 mesi) previste dal testo "aggravato" del d.lgs. n. 30 del 2007. Si tratterebbe infatti di una discriminazione contraria al diritto comunitario.
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BRUXELLES, 17 settembre 2008 - L'aggravante di clandestinità é contraria al diritto comunitario quando viene applicata ad un cittadino della Ue. E' quanto sostiene il parere emesso dai servizi giuridici del Parlamento europeo a seguito di un'apposita richiesta di chiarimenti avanzata da Gerard Deprez, presidente della commissione libertà pubbliche dello stesso Europarlamento, sulle norme adottate dall'Italia. Il parere, presentato ieri al commissario Ue alla giustizia, libertà e sicurezza Jacques Barrot, afferma che "le disposizioni concernenti il diritto comunitario si oppongono a una legislazione nazionale che stabilisce una circostanza aggravante generale, in relazione a un crimine o a un delitto, per il solo fatto che la persona interessata sia un cittadino di uno Stato membro che si trova irregolarmente sul territorio di un altro Stato membro". Secondo il parere, quindi, se l'irregolare è comunitario allora non può venirgli applicata alcuna aggravante, mentre il caso di un extracomunitario rientra nelle esclusiva competenza del Paese interessato. Il decreto sicurezza, convertito in legge il 23 luglio scorso dal Senato, prevede un aggravante pari a un terzo della pena se a compiere il delitto è un soggetto presente illegalmente in Italia, senza specificare se il soggetto in questione è comunitario o extracomunitario.

giovedì, settembre 04, 2008

L'Italia ratifica il II protocollo alla Convenzione TIF

Tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee

Pubblicata la legge di ratifica ed esecuzione del secondo Protocollo alla Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari, stabilito in base all'articolo K3 del Trattato sull'Unione europea del 26 luglio 1995, fatto a Bruxelles il 19 giugno 1997.

(L. 4 agosto 2008 n. 135, G.U. 30/8/2008, n. 203, S.O.)

Unione europea come area costituzionale? La CGCE fa un passo importante

La Corte fa un passo importante nella costruzione di una area costituzionale europea.
Nella vicenda Khadi i giudici del Lussemburgo seguono in sostanza le Conslusioni dell'Avvocato generale Maduro e riaffermano la primazia dei principi fondamentali e dei diritti umani anche sulle norme di esecuzione degli obblighi internazionali derivanti dalle risoluzioni dl Consiglio di Sicurezza ONU adottate sulla base del Capitolo VII della Carta.

lunedì, settembre 01, 2008

Nuova pronuncia della CGCE in una procedura pregiudiziale d'urgenza

La Corte di giustizia si è pronunciata in data 12 agosto in un procedimento riguardante una richiesta pregiudiziale urgente, secondo la procedura entrata in vigore nel 2008: sentenza in causa C-296/08 PPU.
Questa volta la pronuncia riveste una grande rilevanza per la materia penale dell'UE; la Corte è stata chiamata ad interpretare la Decisione quadro sul mandato di arresto europeo ed il suo rapporto con la Convenzione in materia di estradizione UE del 1996. Si tarttava di una richiesta di estradizione inoltrata dala Spagna alla Francia e riguardante fatti del 1996.
Interessanti anche le decisioni della Corte europea relative alla competenza pregiudiziale in materia di III pilastro.
Nel caso di specie, infatti, la Corte francese, non aveva fatto riferimento all'articolo 35 TUE, bensì al solo art. 234 TCE. In continuità con alcune precedenti rponunce la Corte ha ritenuto ammissibile il rinvio, così come ha ritenuto non fondata la richiesta di irricevibilità sollevata da una delle parti e riferita al fatto che la Camera competente per l'Istruzione del processo, che si pronuncia su una richiesta di estradizione, emetta un provvedimento qualificato come amministrativo, non potendosi dunque qualificcare la Corte francese quale Tribunale competente ad effettuare un rinvio ai sensi dei Trattati CE/UE.
Anche in questo caso la Corte ha ricordato al propria giurisprudenza circa le caratteristiche necessarie alla istituzione nazionale perchè possa qualificarsi cone Tribunale e relative essenzialmente al carattere permanente di questa, alla indipendenza, alla soggezione alla legge, alla obbligatorietà delle proprie decisioni ed al rispetto di regole processuali improntate al giusto processo.