CGUE: No al carcere per l'immigrato da allontanare
La Corte di giustizia UE sipronuncia su un rinvio pregiudizuiale della Corte di appello di Parigi, in causa C-329/11, stabilendo che, ai sensi della direttiva 2008/115/CE, la detenzione dell'immigrato irregolare nel corso della procedura di allontanamento è possibile solo quale extrema ratio.
Il carcere inflitto all'immigrato irregolare, durante la procedura di rimpatrio, è in contrasto con il diritto comunitario. A meno che l'allontanamento non rischi di essere compromesso. Con la sentenza C-329 la Corte di Lussemburgo, in composizione collegiale, ha chiarito che la custodia in carcere per lo straniero che non rispetta l'ordine di allontanamento deve essere considerata un'estrema ratio e non può essere la regola. I giudici dell'Unione europea, sono stati chiamati in causa dalla Corte d'Appello di Parigi per pronunciarsi sulla legittimità del trattenimento in prigione, adottato nei confronti di un cittadino armeno. Alla base del provvedimento un doppio no dello straniero sia all'obbligo di partenza volontaria, entro un mese dalla decisione del prefetto, sia al decreto di allontanamento coattivo alla frontiera. Due rifiuti che avevano fatto scattare il fermo di polizia. La Grande chambre precisa, in proposito, che il trattenimento in carcere, adottato per default, non aiuta a raggiungere lo scopo della direttiva 2008/115/Ce che è appunto quello del rimpatrio. La giusta strada da percorre va ricercata nelle tappe, previste dagli articoli 7 e 8 della direttiva, che indicano, per gradi, la partenza volontaria e l'allontanamento. La direttiva non esclude però, con l'articolo 15, il trattenimento. Strumento che diventa possibile solo quando tutte le misure meno coercitive si sono dimostrate inefficaci e esiste il rischio concreto di compromettere l'allontanamento dello straniero irregolare, per il pericolo di fuga o perché il cittadino del paese terzo ostacola il rimpatrio. Il trattenimento incarcere, specifica comunque la sentenza, deve essere il più breve possibile e non superare in ogni caso i 18 mesi. La Corte di giustizia cambia però idea sulla legittimità, esclusa in passato, di una norma che prevede il reato di clandestinità, considerandola in linea con il diritto comunitario. Possibile dunque infliggere sanzioni penali agli irregolari ma nel rispetto dei diritti fondamantali.
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