Lex mitior: la Corte di Giustizia ci ritorna
La Corte di giustizia in una pronuncia dell'8 marzo scorso (in causa C-45/06) ritorna su nozione e qualificazione del principio della lex mitior in materia sanzionatoria.
Apparentemente nulla di nuovo, la Corte ripete quanto già detto nella ormai celebre sentenza Berlusconi di qualche anno fa, per quanto riguarda l'applicazione del principio in questione in materia di sanzioni penali.
Questa volta il contesto è invece quello classico delle sanzioni amministrative imposte dal regolamento comunitario.
La Corte avrebbe potuto, dunque, riferirsi semplicemente alla propria regola, iscritta nel diritto positivo dell'UE, all'articolo 2, paragrafo 2 del regolamento CE n. 2988/95, ma non si limita a ciò e, nuovamente, ricorda (al punto 32 della sentenza) come quello relativa all'applicazione della sanzione più mite (senza fare nessun riferimento alla materia stricto sensu penale, dunque) sia un principio generale del diritto comunitario ed, in quanto tale, capace d'imporsi negli ordinamenti degli Stati membri.
Tale pronuncia ha un valore particolare (aggiunto potremmo dire) per il nostro paese che in materia di applicabilità del principio di legalità e dei suoi corollari (qual'è la lex mitior) in materia di sanzioni amministrative soffre di una certa schizofrenia.
La legge 689/81 (che determina il quadro generale in materia di sanzioni amministrative), infatti, all'articolo 1 non richiama il principio della lex mitior che risulta non applicabile alle sanzioni amministrative a meno di una espressa previsione contraria.
Al contempo tutte le norme speciali in materia di sanzioni amministrative, dettate per aree particolari, come in materia di sanzioni tributarie, di sanzioni valutarie e per ciò che concerne la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, richiamano il principio in maniera chiara ed inequivoca.
Tale vacuum ha consentito ad oggi alla Corte di cassazione di ritenere inapplicabile il principio della lex mitior tutte le volte che la norma non preveda espressamente l'applicazione.
Appare a chi scrive che tale schizofrenia, che rappresenta certamente un atteggiamento irrazionale dell'ordinamento, possa essere superata facendo diretta applicazione del principio comunitario ribadito dalla Corte di Lussemburgo, o nel caso, rinviando alla Corte costituzionale perché possa trarne le dovute conseguenze. L'attuale art. 117 della Costituzione, infatti, prevede che il nostro ordinamento si adegua alle richieste ed agli obblighi derivanti dal diritto comunitario; nel caso ci troviamo proprio dinanzi ad una ipotesi di irrazionale assenza di coordinamento tra il livello comunitario ed il livello nazionale, oltre che all'interno dello stesso ordinamento nazionale.
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