lunedì, dicembre 20, 2010
Primo processo in Italia radicato sulla base della Convenzione di New York del 1984
sabato, dicembre 18, 2010
MAE: la consegna si effettua sulla base di sentenze esecutive anche se non irrevocabili
(Sesta Sezione Penale, Presidente G. Lattanzi, Relatore E. Calvanese)
venerdì, dicembre 03, 2010
Consiglio d'Europa su indipendenza e responsabilità dei giudici
Interessante documento del Consiglio d'Europa in materia di indipendenza, status e responsabilità dei magistrati.
mercoledì, dicembre 01, 2010
Scudo fiscale: la Commissione continua l'esame
Non c'è ancora il disco verde definitivo circa la legittimità dello scudo fiscale italiano.
Il Reclamo presentato da alcuni parlamentari italiani è ancora all'attenzione dei competenti uffici della Commissione europea. Di seguito la risposta del Commisario competente alla Giustizia ed agli affari interni, Barnier, ad una interrogazione dell'Italia dei Valori che chiedeva di conoscere lo Stato della procedura.
E-7029/10IT - E-7030/10IT
Risposta di Michel Barnier a nome della Commissione (29.11.2010)
La Commissione riconosce che finora non è ancora stata data una risposta definitiva alle questioni sollevate dagli onorevoli parlamentari in merito allo "scudo fiscale" italiano. Ciò non è dovuto a ritardi amministrativi. La complessità della normativa italiana ha sollevato numerose e complesse questioni in relazione a importanti aspetti del diritto dell'UE, in particolare la fiscalità, i movimenti di capitali e il riciclaggio, che hanno richiesto un'analisi approfondita e coordinata da parte di diverse Direzioni generali della Commissione.
A questo riguardo, si sono tenute delle riunioni con le autorità italiane dirette a chiarire l'esatta portata e le implicazioni della normativa in oggetto. Successivamente all'introduzione dello "scudo fiscale" le autorità italiane hanno emanato varie circolari che andavano anch'esse analizzate per poter avere un quadro completo della normativa. Inoltre, le autorità italiane hanno trasmesso solo recentemente al Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI) le informazioni richieste sui risultati effettivi conseguiti con lo scudo fiscale, in particolare sotto il profilo del riciclaggio di fondi illeciti. Tali informazioni complementari, ad avviso della Commissione, erano indispensabili per poter procedere ad un esame completo delle implicazioni dello scudo fiscale.
I servizi della Commissione stanno ultimando la loro analisi. Non appena tale lavoro sarà completato, la Commissione informerà gli onorevoli parlamentari del suo esito.
lunedì, novembre 22, 2010
MAE: nozione di stessi fatti secondo la CGUE
lunedì, ottobre 18, 2010
ROM e diritto UE: la Francia fa marcia indietro
domenica, ottobre 10, 2010
Responsabilità civile dei magistrati: si va in Corte
mercoledì, ottobre 06, 2010
Pubblicato in Gazzetta il Dlgs sul riconoscimento delle sentenze emesse nei paesi UE
lunedì, settembre 20, 2010
Censimento Rom, o dell'illegittimità dell'atto del Governo
mercoledì, settembre 15, 2010
diritti umani e diritto internazionale nel Canale di Sicilia
venerdì, agosto 27, 2010
A un anno dalla sentenza Lissabon Karlsruhe fa un passo indietro
Il BVG ammorbidisce i toni.
Lo scorso 26 agosto i giudici del Tribunale costituzionale tedesco si sono pronunciati con una attesa ed importante sentenza che sicuramente farà discutere.
La decisione è stata presa con una risicata maggioranza (8 contro 7 giudici).
La questione è quella relativa alla costituzionalità della decisione della Corte di giustizia nel famigerato caso Mangold.
Sulla vicenda si era pronunciato con un paper molto duro lo stesso ex Presidente federale e noto costituzionalista Roman Herzog, chiedendo esplicitamente di fermare le invasioni di campo della Corte di giustizia.
Il Tribunale costituzionale tedesco, in sintesi, ha effettuato una operazione di self restraint pronunciandosi nel senso che il BVG può intervenire su atti delle istituzioni europee solo allorquando questi intervengano compromettendoin maniera significativa le competenze degli Stati membri, stabilendo più o meno letteralmente che: "le decisioni della Corte UE possono essere riesaminate slamente se la violazione del riparto delle competenze da parte delle Istituzioni europee è chiaro ed ovvio e l'atto in questione determina una redistribuzione strutturale delle stesse a svantaggio degli Stati membri".
mercoledì, agosto 25, 2010
Comunitaria 2009 e l´"attuazione dei regolamenti"
L`articolo 45 della legge comunitaria 2009 (n. 96 del 2010) determina una nuova acquisizione teorica dovuta al nostri Governo: l`attuazione dei regolamenti. Anche uno studente di giurisprudenza sa in effetti che i Regolamento sono direttamente applicabili e che non vanno attuati!!!
Leggere per credere:
Art. 45. (Delega al Governo per il riordino, l’attuazione e l’adeguamento della normativa interna ai regolamenti comunitari in tema di precursori di droga)
1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta dei Ministri della giustizia, dell’interno, del lavoro e delle politiche sociali e della salute, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell’economia e delle finanze e per le politiche europee, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche antidroga, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui agli articoli 1 e 2, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni in tema di precursori di droghe. I suddetti decreti sono adottati per dare attuazione al regolamento (CE) n. 273/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, al regolamento (CE) n. 111/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, e al regolamento (CE) n. 1277/2005 della Commissione, del 27 luglio 2005, come modificato dal regolamento (CE) n. 297/2009 della Commissione, dell’8 aprile 2009, anche attraverso la modifica, il riordino e, ove occorra, l’abrogazione delle norme contenute nel testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, di seguito denominato: "testo unico".
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati altresì nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi, anche al fine di individuare gli organi competenti all’adozione degli adempimenti previsti dai regolamenti (CE) n. 273/2004, n. 111/2005 e n. 1277/2005:
a) prevedere l’utilizzo delle locuzioni "precursori di droghe" o "sostanze classificate", in luogo di quelle utilizzate nel testo unico;
b) prevedere la distinzione, anche all’interno del medesimo testo unico, tra le disposizioni concernenti i precursori di droghe e quelle relative alle sostanze stupefacenti e psicotrope;
c) definire le modalità di rilascio, sospensione e ritiro delle licenze per l’utilizzo dei precursori di droghe classificati nella categoria 1 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005, e relative esclusioni; definire le modalità di rilascio di licenze speciali agli enti e alle istituzioni di cui agli articoli 3 del regolamento (CE) n. 273/2004 e 12 del regolamento (CE) n. 1277/2005;
d) prevedere la regolamentazione del registro degli operatori di precursori di droghe classificati nella categoria 2 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005 e, solo per le attività di esportazione, nella categoria 3 dei medesimi allegati; prevedere la definizione delle modalità di registrazione;
e) prevedere la regolamentazione delle transazioni intracomunitarie di precursori di droghe classificati nelle categorie 1 e 2 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005;
f) prevedere la regolamentazione delle transazioni con Paesi terzi di precursori di droghe classificati nelle categorie 1, 2 e 3 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005;
g) prevedere la regolamentazione dell’obbligo di rendicontazione annuale per precursori di droghe classificati nelle categorie 1, 2 e 3 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005;
h) prevedere la regolamentazione delle attività di vigilanza e di ispezione.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono altresì informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi, al fine di sanzionare le violazioni alle norme contenute nei regolamenti (CE) n. 273/2004, n. 111/2005 e n. 1277/2005:
a) sanzionare come delitto, nel rispetto dei limiti massimi edittali fissati nell’ articolo 73, comma 2-bis, del testo unico, le condotte, individuate nei termini e nei limiti di cui ai citati regolamenti comunitari, di illecita immissione sul mercato, importazione ed esportazione di precursori di droghe classificati nelle categorie 1 e 2 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005, nonché di illecito possesso dei precursori di droghe classificati nella predetta categoria 1. Prevedere, in particolare, un più grave trattamento sanzionatorio a carico dei soggetti legittimati ad operare con sostanze stupefacenti o con precursori di droghe. Prevedere inoltre, in tali casi, la revoca della licenza ad operare con precursori di droghe classificati nella categoria 1 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005, con divieto di ulteriore rilascio, nonché la sospensione dell’attività svolta dall’operatore con riferimento ai precursori di droghe classificati nelle categorie 2 e 3 dei predetti allegati, elevando fino alla metà la durata di tali sanzioni, rispetto a quanto previsto dall’ articolo 70 del testo unico;
b) sanzionare come delitto punibile con la reclusione fino a cinque anni e con la multa fino a euro 3.000 le condotte, individuate nei termini e nei limiti di cui ai citati regolamenti (CE) n. 111/2005 e n. 1277/2005, di illecita esportazione di sostanze classificate nella categoria 3 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005. Prevedere, in particolare, un più grave trattamento sanzionatorio a carico dei soggetti legittimati ad operare con sostanze stupefacenti o con precursori di droghe. Prevedere inoltre, in tali casi, la revoca della licenza ad operare con sostanze classificate nella categoria 1 dei predetti allegati, con divieto di ulteriore rilascio, nonché la sospensione dell’attività svolta dall’operatore con riferimento alle sostanze classificate nelle categorie 2 e 3 dei predetti allegati, nei limiti di durata previsti dall’ articolo 70 del testo unico;
c) sanzionare come contravvenzione punibile con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da euro 300 a euro 3.000, salvo che il fatto costituisca più grave reato:
1) le condotte di impedimento o di ostacolo alle attività di vigilanza, controllo ed ispezione, come individuate dai citati regolamenti;
2) l’inosservanza, da parte degli operatori, degli obblighi di comunicazione imposti dall’ articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 273/2004, dall’ articolo 9, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 111/2005, e dagli articoli 17 e 18 del regolamento (CE) n. 1277/2005;
3) la violazione dell’obbligo, individuato nei termini e nei limiti di cui ai regolamenti (CE) n. 111/2005 e n. 1277/2005, di fornire le sostanze classificate nella categoria 1 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005, solo a determinati soggetti;
d) prevedere, nei casi di cui alla lettera c), la possibilità di revocare la licenza ad operare con sostanze classificate nella categoria 1 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005 solo a determinati soggetti, con divieto di ulteriore rilascio, nonché di sospendere l’attività svolta dall’operatore con riferimento alle sostanze classificate nelle categorie 2 e 3 dei predetti allegati, nei limiti di durata previsti dall’ articolo 70 del testo unico;
e) sanzionare come illecito amministrativo, punibile con la sanzione pecuniaria non inferiore ad euro 600 nel minimo e non superiore ad euro 6.000 nel massimo, la violazione degli ulteriori obblighi posti a carico degli operatori dai predetti regolamenti comunitari, tra cui gli obblighi di comunicazione, dichiarazione, documentazione ed etichettatura. Prevedere, in tali casi, la possibilità di sospendere la licenza ad operare con sostanze classificate nella categoria 1 dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005, nonché l’attività svolta dall’operatore con riferimento alle sostanze classificate nelle categorie 2 e 3 dei predetti allegati, nei limiti di durata previsti dall’ articolo 70 del testo unico;
f) prevedere la disciplina dell’obbligo di comunicare alcune transazioni commerciali, tra cui quelle verso i Paesi extracomunitari segnalati dal regolamento (CE) n. 1277/2005, come modificato dal regolamento (CE) n. 297/2009, per la necessità di adeguati monitoraggi, nonché altre transazioni individuate sulla base di criteri quantitativi ovvero in relazione alla tipologia delle sostanze classificate, alla Direzione centrale per i servizi antidroga, ai fini della prevenzione e repressione del traffico illecito, sanzionando le condotte in violazione di tale obbligo ai sensi delle lettere c) e d);
g) prevedere la possibilità, nei procedimenti penali per i delitti di cui alle lettere a) e b), di ritardare l’emissione o l’esecuzione dei provvedimenti di arresto o di sequestro, e di compiere le ulteriori attività previste dall’ articolo 98 del testo unico;
h) prevedere, tra le ipotesi di reato di cui all’ articolo 74 del testo unico, quella in cui tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti tra quelli indicati nella lettera a).
lunedì, agosto 23, 2010
Il Tribunale costituzionale tedesco definisce i confini tra necessità securitarie e diritti fondamentali
lunedì, agosto 09, 2010
La Cassazione riconosce la validità di una misura sospensiva della CEDU
MISURE DI SICUREZZA - PERSONALI - ESPULSIONE DAL TERRITORIO DELLO STATO - TUNISIA - RISCHIO DI TRATTAMENTI CONTRARI ALL'ART. 3 DELLA CEDU - MISURA CAUTELARE SOSPENSIVA EMESSA DALLA CORTE EUROPEA PER I DIRITTI DELL'UOMO - CONSEGUENZE
La Corte, con la sentenza in esame, ha preso in considerazione la misura emessa in data 13 aprile 2010 dalla Corte europea per i diritti dell’uomo, ai sensi dell’art. 34 della Cedu, con la quale veniva sospesa in via cautelare un’espulsione disposta dall’A.G. italiana verso la Tunisia, in considerazione del rischio reale di trattamenti contrari all’art. 3 della Convenzione che la persona ad essa sottoposta possa subire in detto Stato. La Suprema Corte ha stabilito che da tale pronuncia deriva per ogni articolazione dello Stato italiano la necessità di verificare il rigoroso rispetto dell’art. 3 cit. ed in particolare per le autorità giudiziarie competenti a deliberare decisioni che comportino trasferimenti di persone verso la Tunisia il dovere di individuare ed adottare, in caso di ritenuta pericolosità della persona, misure appropriate di sicurezza diverse dall’espulsione. E ciò fino a quando la situazione di allarme descritta dalla Corte europea non venga a mutare.
Sentenza n. 20514 del 28 aprile 2010 – depositata il 28 maggio 2010
(Sezione Sesta Penale, Presidente G. Lattanzi, Relatore F. Ippolito)
giovedì, luglio 29, 2010
Quando la Corte costituzionale fa la Corte costituzionale: la sentenza 265 del 2010
lunedì, luglio 12, 2010
La Consulta dichiara l'illegittima l'aggravante di clandestinità
Interessante pronuncia della Corte costituzionale in materia penale.
Alla stregua degli art. 3 e 25 della Costituzione italiana la Consulta dichiara l'illegittimità costituzionale della aggravante di clandestinità (art. 61, n. 11 bis c.p.) e delle norme a questa connesse.
mercoledì, giugno 23, 2010
Controversa decisione della Corte suprema USA
La Corte Suprema ha assunto a maggioranza una controversa decisione confermando la costituzionalità di una norma (cara anche all'Amministrazione OBAMA) che fonda la responabilità penale di quanti, anche mediante consiglio giuridico, prestino assistenza ad una organizzazione terroristica.
Si tratta dei casi: Holder v. Humanitarian Law project, No. 08-1498, e Humanitarian Law Project v. Holder, No. 09-89.
Di seguito un breve articolo della Reuters sulla sentenza:
The decision came in the first test to reach the Supreme Court after the September 11, 2001, attacks of a case pitting the right of U.S. citizens to speak and associate freely against the government's efforts to fight terrorism.
In a victory for the Obama administration, the justices voted, 6-3, to reverse a ruling by a U.S. appeals court that declared parts of the law unconstitutionally vague.
The law barring material support was first adopted in 1996 and strengthened by the USA Patriot Act adopted by Congress right after the September 11 attacks. It was amended again in 2004.
The law bars knowingly providing any service, training, expert advice or assistance to any foreign organization designated by the U.S. State Department as terrorist.
The law, which carries a penalty of up to 15 years in prison, does not require any proof the defendant intended to further any act of terrorism or violence by the foreign group.
MORE DIFFICULT CASES COULD BE AHEAD
Writing for the majority, Chief Justice John Roberts said the law was constitutional and rejected the specific challenge before it. He said the court did not address the "more difficult cases" that may arise under the law in the future.
The legal challenge had been brought by groups and individuals who wanted to help the Kurdistan Workers Party in Turkey and the Liberation Tigers of Tamil Eelam in Sri Lanka. The State Department designated both as foreign terrorist groups.
The Humanitarian Law Project in Los Angeles had previously provided human rights advocacy training to the Kurdistan Workers Party, known as the PKK, and the main Kurdish political party in Turkey.
The Humanitarian Law group and others sued in an effort to renew support for what they described as lawful, nonviolent activities overseas.
"The Supreme Court has ruled that human rights advocates, providing training and assistance in the nonviolent resolution of disputes, can be prosecuted as terrorists," said Georgetown University law professor David Cole, who argued the case.
"In the name of fighting terrorism, the court has said that the First Amendment permits Congress to make it a crime to work for peace and human rights. That is wrong," Cole said.
Obama administration lawyers defended the law and called it a vital weapon in the government's effort to fight terrorism.
Since 2001, the United States has charged about 150 defendants with the material support of terrorism and about half have been convicted, the Justice Department said.
Justices Stephen Breyer, Ruth Bader Ginsburg and Sonia Sotomayor dissented with Breyer saying the court majority ultimately "deprives the individuals before us of the protection that the First Amendment demands."
He said the court failed to examine the government's justifications for the law with sufficient care.
giovedì, giugno 17, 2010
...e la Corte aggiunge ulteriore incertezza in materia di scommesse
La Corte di Giustizia si pronuncia ancora sulla materia dell'offerta di giochi d'azzardo e sembra consolidare la linea più aperta alle esigenze di controllo degli Stati membri, in tal modo sconfessando una giurisprudenza (più risalente) di sapore molto comunitario sedimentatasi soprattutto nei confronti dell'Italia sino alla sentenza Placanica (forse che l'Italia ispira più d'altri Stati membri pronunce severe della giustizia comunitaria o forse la difesa della Repubblica affidata all'avvocatura dello Stato andrebbe ripensata!) alimentando una certa incertezza ermeneutica che meriterebbe forse, a questo punto, un intervento armonizzatorio della legislazione UE. Si tratta delle sentenze nelle cause C-203/08 e C-258/08.
Di seguito il dispositivo della causa C-253/08:
1) Si può considerare che una normativa nazionale, come quella oggetto della causa principale, che persegue lo scopo di contenere la dipendenza dal gioco d’azzardo nonché di contrastare le frodi, e che effettivamente contribuisce alla realizzazione di questi obiettivi, limita le attività di scommessa in modo coerente e sistematico, sebbene il titolare o i titolari di un’autorizzazione esclusiva siano autorizzati a rendere attraente la loro offerta sul mercato introducendo nuovi giochi d’azzardo e facendo ricorso alla pubblicità. Spetta al giudice del rinvio verificare se la pratica del gioco illegale possa costituire un problema nello Stato membro interessato cui possa porre rimedio un’espansione delle attività autorizzate e regolamentate, e se tale espansione non presenti una portata che la rende inconciliabile con la finalità di contenimento di detta dipendenza.
2) Ai fini dell’applicazione di una normativa di uno Stato membro sui giochi d’azzardo compatibile con l’art. 49 CE, il giudice nazionale non è tenuto a verificare, in ogni fattispecie, se il provvedimento d’esecuzione diretto a salvaguardare l’osservanza di tale normativa sia idoneo ad assicurare la realizzazione dello scopo da essa perseguito e sia conforme al principio di proporzionalità, purché tale provvedimento rappresenti un elemento necessario per garantire che detta normativa produca i suoi effetti e non contenga alcuna ulteriore restrizione rispetto a quella risultante dalla normativa stessa. Per la soluzione della controversia sottoposta al giudice del rinvio è irrilevante che tale provvedimento di esecuzione sia stato adottato in seguito ad un intervento delle pubbliche autorità volto a garantire l’osservanza della normativa nazionale oppure in seguito ad un’istanza di un privato nel contesto di un procedimento civile per la tutela dei suoi diritti derivanti dalla medesima normativa.
3) L’art. 49 CE deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella oggetto della causa principale, che subordina l’organizzazione e la promozione dei giochi d’azzardo ad un regime di esclusività a favore di un unico operatore e che vieta a tutti gli altri operatori, compreso un operatore stabilito in un altro Stato membro, di proporre mediante Internet, sul territorio del primo Stato membro, servizi rientranti nel citato regime.
lunedì, maggio 31, 2010
La disciplina delle scommesse ancora dinanzi al giudice dell'UE
giovedì, maggio 20, 2010
Basi certe per bloccare l'esecuzione del MAE
Il timore di un pregiudizio religioso non blocca la consegna del reo all'estero. In tema di mandato di arresto europeo, infatti, la situazione di possibile pregiudizio per la persona di cui è richiesta la consegna, deve avere base oggettiva. A sostenerlo la Cassazione, sezione VI penale, con la sentenza n. 17280/10.
lunedì, maggio 03, 2010
martedì, aprile 27, 2010
Il Governo e la question e del Crocifisso
martedì, aprile 20, 2010
Il Consiglio di Europa rende pubblico il Rapporto sulla situazione italiana
Il Comitato per la prevenzione della tortura (CPT) del Consiglio d'Europa rende disponibile on line il suo Rapporto steso a seguito dell'ispezione condotta pressi gli istituti di detenzione italiani formulando una serie di gravi critiche all'operato del nostro paese.
venerdì, marzo 26, 2010
Cassazione e interpretazione conforme: il caso della pedopornografia
In virtù del carattere vincolante delle decisioni quadro assunte dall'Unione Europea, così come stabilito dall'art. 34, comma 2, del Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, il giudice nazionale ha l'obbligo di interpretare il diritto nazionale conformemente alle decisioni quadro di cui sopra, ovviamente entro i limiti stabiliti dai principi generali del diritto. Dette decisioni, infatti, tracciano le linee guida a cui le legislazioni nazioni sono obbligate ad uniformarsi in materia di giustizia ed affari interni. Il giudice nazionale, allora, può discostarsene solo nel caso in cui la norma di diritto nazionale risulti del tutto incompatibile con il risultato perseguito dalla decisione quadro, quando, cioè, l'applicazione di quest'ultima determinerebbe un'interpretazione contra legem della prima.
In virtù dell'art. 34, comma 2 del Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 (il quale sancisce sostanzialmente l'obbligo del giudice nazionale di interpretare la normativa nazionale conformemente alle decisioni - quadro assunte in sede di Unione Europea) il concetto di pornografia minorile di cui all'art. 600-ter c.p., deve essere interpretato alla luce del concetto di pedopornografia esplicitato nell'art. 1 della decisione - quadro 2004/68/GAI. Può essere quindi definito come materiale pedopornografico quel materiale che ritrae o rappresenta visivamente un minore degli anni diciotto implicato o coinvolto in una condotta sessuale esplicita, quale può essere anche la semplice esibizione lasciva dei genitali o della regione pubica. Nel caso specifico, la connotazione esplicitamente sessuale del materiale oggetto della condotta de quo vale ad escludere la configurabilità di detto reato in capo al soggetto sorpreso a fotografare, su di una spiaggia, bambini in costume da bagno impegnati in attività del tutto innocenti ed ordinarie (come stare in piedi su una roccia o chinati per salirvi con l'aiuto delle mani) laddove non è ravvisabile, quindi, nessuna esibizione lasciva - essendo le zone pubiche sempre e comunque nascoste alla vista dal costume da bagno - e nessun atteggiamento sessualmente allusivo - data la "ordinarietà" delle pose catturate.
Cass. pen., Sez. II, ud. 3 marzo 2010 - dep. 22 marzo 2010, n. 10948
lunedì, marzo 15, 2010
La Cassazione si arrende e riconosce il valore costituzionale della lex mitior
mercoledì, marzo 03, 2010
Tribunale costituzionale tedesco o dei controlimiti presi sul serio
giovedì, febbraio 25, 2010
La Cassazione richiama la Carta di Nizza come recepita nel Trattato di Lisbona
giovedì, febbraio 18, 2010
La Cassazione interpreta conformemente alla CEDU in materia di confisca
Cass. pen. Sez. III Sent., 29-09-2009, n. 42178
mercoledì, febbraio 03, 2010
Giochi e scommesse: di nuovo la parola alla Corte di giustizia
COMPATIBILITA' DELLA DISCIPLINA NAZIONALE CON QUELLA COMUNITARIA - QUESTIONE PREGIUDIZIALE - RIMESSIONE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA U.E.
Ordinanza n. 2993 del 10 novembre 2009 - depositata il 5 gennaio 2010
mercoledì, gennaio 13, 2010
In favore di una nuova "Legge Pecorella": contro l'appello avverso le assoluzioni
Anche il modello accusatorio inglese, verso cui il nostro sistema giudiziario da anni si sta indirizzando, prevede l'intangibilità delle assoluzioni in primo grado. Le sentenze di assoluzione chiudono definitivamente la vicenda processuale. L'unica eccezione prevista è quella di un imputato prosciolto per infermità mentale, al quale è riconosciuto il diritto di impugnare la sentenza. In nessun caso, invece, il pubblico ministero ha il diritto di impugnare le sentenze che assolvono l'imputato. Esiste il ricorso alla High Court per "errores in procedendo e vitia in giudicando", che può essere proposto sia dal condannato che dall'accusa ma solo nei casi di difetto di giurisdizione o competenza, o di inosservanza delle norme processuali. In Francia vige invece il modello inquisitorio, temperato però dal recepimento del contraddittorio tra le parti e del principio della parità tra accusa e difesa, sia durante il dibattimento che nella fase antecedente. Il codice riconosce ad ogni parte processuale la possibilità di presentare appello avverso ogni sentenza. Fino a poco tempo fa il giudizio proveniente dalla giuria popolare (jury) della Corte d'assise non ammetteva impugnazione. Le sentenze di assoluzione potevano essere impugnate in Cassazione ma solo "nell'interesse della legge", senza provocare alcun pregiudizio alla parte assolta. Poi è stata aperta la strada all'appello anche avverso le sentenze delle Corti d'assise. E ritenendo l'impossibilità per l'accusa di impugnare le sentenze di assoluzione una violazione del principio di parità tra le parti, è stata attribuita, ma al solo procuratore generale, la facoltà di impugnare le sentenze di assoluzione delle Corti d'assise.
In Italia la legge Pecorella - la legge n. 46 del 20 febbriao 2006 - introduceva il principio dell'inappellabilità delle sentenze di assoluzione. Il pubblico ministero e l'imputato, prevedeva quella legge, possono proporre appello contro le sentenze di proscioglimento soltanto nelle "ipotesi di cui all'articolo 603, comma 2, se la nuova prova è decisiva". Ma con la sentenza n. 26 del 6 febbraio 2007 la Corte costituzionale dichiarava costituzionalmente illegittima la legge Pecorella, perché in contrasto con il principio del giusto processo, della parità tra le parti, sancito nell'articolo 111 della Costituzione, nella parte in cui vietava ad una di esse, al pubblico ministero, di ricorrere in appello contro le sentenze di assoluzione. Ma su come si debba intendere il principio della parità tra le parti il dibattito è ancora aperto. Il principio della parità tra le parti viene invocato, infatti, per garantire al pubblico ministero il diritto ad un secondo grado di giudizio per ottenere quella condanna che non ha ottenuto in primo grado, così come all'imputato è offerta la possibilità di appellarsi a una sentenza di condanna. Eppure, come abbiamo visto, nel modello accusatorio, dove nasce quel principio, all'accusa non è concessa la facoltà di ricorrere in appello contro una sentenza di assoluzione.
Spesso si è richiamato il concetto di "égalité des armes" nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la quale però ha chiarito che non esiste alcun diritto dell'accusa ad un "secondo colpo in canna", cioè ad un secondo grado di giudizio, né nel principio di "égalité des armes" né nell'articolo 6 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo. Nel dicembre del 2005 la Corte di Strasburgo si è espressamente pronunciata in materia nella sentenza "Guillemot", ricordando che l'articolo 6 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo non garantisce affatto il diritto di far perseguire o condannare i cittadini, né il diritto ad un doppio grado di giudizio che invece l'art. 2 del Protocollo n. 7 definisce come diritto esclusivo del condannato. Secondo la Corte, dunque, nel reclamare a favore del pubblico ministero un diritto all'appello contro le sentenze di proscioglimento si invoca un diritto che non è garantito dalla Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo. Un diritto che anzi essa riconosce solo al condannato, né all'accusa né alla parte civile. Non può, quindi essere pretesa la sua tutela ricorrendo al concetto di "égalitè des armes".
Nel 2006 il costituzionalista Tommaso Edoardo Frosini, professore ordinario di Diritto pubblico comparato, riconosceva nella legge Pecorella una "legge che concretizza ulteriormente il processo accusatorio, così come questo è disciplinato in Gran Bretagna e negli Stati Uniti". "Come fa - si chiedeva - un pubblico ministero a motivare un appello se non riesce a dimostrare al giudice di primo grado la fondatezza della sua accusa? Ha un senso replicare e quindi duplicare un processo, dal momento che un giudice terzo e imparziale si è pronunciato per l'innocenza di un imputato? Certo, se dovessero emergere nuove prove, ovvero nuove testimonianze, queste potranno essere fatte valere in Cassazione". "Chiedere un nuovo pronunciamento in appello - concludeva Frosini - da parte di chi come il pubblico ministero non è stato in grado di dimostrare la fondatezza dell'imputazione, vuol dire, alla fin fine, diffidare di quanto è stato deciso dal giudice di primo grado, e quindi sperare in un ribaltamento del giudizio. Su quali basi? E poi, perché questo dovrebbe avvenire? Cosa dovrebbe indurre il giudice di appello a sconfessare il pronunciamento del suo collega di primo grado? Solo a condizione che siano venute fuori nuove prove, nuovi fatti, tali da riconsiderare il giudicato e la posizione processuale dell'imputato. Ma per questo c'è la Cassazione" (Federico Punzi da il Velino 13.01.10).
martedì, gennaio 05, 2010
Riformato il Model Penal Code USA, no alla pena di morte
La decisione segue un lunghissimo dibattito organizzato dall'ALI che ha prodotto un corposo Report che assume una posizione assolutamente non ideologia ma ma pragmatica nella migliore tradizione anglosassone.
Si tratta di un grande successo, anche se non definitivo, del movimento abolizionista nordamericano.