giovedì, febbraio 26, 2009

Skype 2: Eurojust corregge il tiro

Corretto il precedente comunicato: Skype collabora, il problema è degli inquirenti italiani!
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The Hague, 25 February 2009
Eurojust will be requested to coordinate internet telephony investigations

At the request of Direzione Nazionale Antimafia in Rome, Ms Carmen Manfredda, acting National Member for Italy at Eurojust, was approached by the Italian judicial authorities with the request to introduce a case to Eurojust.
When requested, Eurojust could play an important role in overcoming the technical and legal obstacles to the interception of internet telephony systems, taking into account the various data protection rules and civil rights.
In September 2006, a first strategic meeting on internet telephony took place at Eurojust, in the context of another case introduced by Italy. The participants were informed of the technical and legal issues of the subject. Representatives from the company Skype S.A. were invited and present at this meeting. There was a positive message from the Skype representatives during the meeting, showing their commitment to cooperate with the law enforcement authorities in the fight against serious, cross-border organised crime. The participants took into consideration that new VoIP technologies could offer a possible communication channel to criminals and criminal networks.
Following a meeting with the judicial authorities in Milan, Italy, Ms Manfredda commented: “The possibility of intercepting internet telephony will be an essential tool in the fight against international organised crime within Europe and beyond. Our aim is not to stop users from taking advantage of internet telephony, but to prevent criminals from using VoIP systems to plan and organise their unlawful actions.”

lunedì, febbraio 23, 2009

Intercettazione conversazioni in VoIP: ci pensa EUROJUST

Eurojust, anche grazie al lavoro dei rappresentanti italiani, è al lavoro per coordinare l'elaborazione di modalità investigative che consentano l'intercvettazione di comunicazioni su protocollo Internet (sistemi come Skype, per intenderci) ad oggi di assai più difficili da intercettare.
Di seguito il comunicato di EUROJUST:

Eurojust coordinates internet telephony investigations

Ms Carmen Manfredda, acting National Member for Italy, will take the lead in coordinating a Europe-wide investigation on internet telephony (VoIP).

At the request of Direzione Nazionale Antimafia in Rome, the Italian Desk at Eurojust will play a key role in the coordination and cooperation of the investigations on the use of internet telephony systems (VoIP), such as “Skype”. Eurojust will be available to assist all European law enforcement and prosecution authorities in the Member States. The purpose of Eurojust’s coordination role is to overcome the technical and judicial obstacles to the interception of internet telephony systems, taking into account the various data protection rules and civil rights.

Background
Criminals in Italy are increasingly making phone calls over the internet in order to avoid getting caught through mobile phone intercepts. Police officers in Milan say organised crime, arms and drugs traffickers, and prostitution rings are turning to Skype and other systems of VoIP in order to frustrate investigators. Skype's encryption system is a secret which the company refuses to share with the authorities. Investigators have become increasingly reliant on wiretaps in recent years. Customs and tax police in Milan have highlighted the Skype issue. They overheard a suspected cocaine trafficker telling an accomplice to switch to Skype in order to get details of a 2kg drug consignment. Investigators are convinced that the interception of telephone calls have become an essential tool of the police, who spend millions of Euros each year tracking down crime through wiretaps of landlines and mobile phones.
Following a meeting with the judicial authorities in Milan, Italy, Ms Manfredda commented: “The possibility of intercepting internet telephony will be an essential tool in the fight against international organised crime within Europe and beyond. Our aim is not to stop users from taking advantage of internet telephony, but to prevent criminals from using Skype and other systems to plan and organise their unlawful actions. Eurojust will make all possible efforts to coordinate and assist in the cooperation between Member States”.

mercoledì, febbraio 18, 2009

MAE: proposta di riforma dell'UCPI

PROPOSTA DI RIFORMA
DELLA DECISIONE QUADRO DEL CONSIGLIO DEL 13 GIUGNO 2002
RELATIVA AL MANDATO D'ARRESTO EUROPEO E ALLE PROCEDURE DI CONSEGNA TRA STATI MEMBRI 2002/584/GAI


La Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane, vista la comunicazione del 6 febbraio 2009 del Responsabile dell'Osservatorio Europa,

premesso

Nei primi anni di applicazione del mandato di arresto europeo (e L. 22 aprile 2005, n. 69) quantomeno in Italia, sono andate profilandosi diverse problematiche relative all’esercizio dei diritti della difesa da parte della persona attinta dalla richiesta di consegna.
Alcune questioni trovano origine nell'ordinamento interno ed in taluni orientamenti giurisprudenziali assunti dalla Corte di Cassazione italiana, ma le difficoltà ad esercitare a pieno la difesa sono spesso condizionate dallo strumento normativo dell'Unione Europea che, nella sua attuale articolazione, prevede la presenza del difensore, ma non ne valorizza né agevola il ruolo e l'attività.
Per quanto qui rileva, l'Unione delle Camere Penali evidenzia come la prima esperienza applicativa del mandato di arresto, per un verso, abbia confermato la necessità di un raccordo tra il difensore dello Stato d'esecuzione ed il difensore nel procedimento a quo; per altro verso, abbia dimostrato la sussistenza di inaccettabili difficoltà per il difensore a conoscere degli atti del giudizio all'esito del quale è stato emesso il Mandato di Arresto.
Nei rapporti tra i difensori nei due procedimenti è emerso come gli ostacoli al coordinamento difensivo siano dovuti non solo a barriere linguistiche culturali e logistiche, ma anche - e soprattutto - alle difficoltà (spesso insormontabili) per il difensore ad quem di conoscere chi sia il difensore nel procedimento di emissione, non essendo stata prevista dalla decisione quadro l'indicazione del nominativo e dei recapiti del difensore nel giudizio a quo.
Tali difficoltà si traducono inevitabilmente in una intollerabile dequalificazione della funzione difensiva.
In una prospettiva di difesa transnazionale risulta financo ovvio come un effettivo coordinamento possa agevolare l’esercizio della difesa nel giudizio ad quem, consentendo di evitare inutili protrazioni della carcerazione (ad esempio avviando, ove possibile, nel giudizio a quo procedure di definizione del procedimento ovvero di applicazione di misure alternative alla privazione della libertà personale). Anche una ponderata valutazione dei vantaggi e degli svantaggi conseguenti all’eventuale consenso dell’assistito alla consegna ai sensi dell'art. 11, comma 1, della decisione quadro non può che essere fortemente condizionata – non solo quando si tratta di un mandato cautelare – dalle prospettive de libertate esistenti dinanzi alla autorità giudiziaria emittente.
Non pare più differibile, pertanto, un intervento migliorativo della decisione quadro volto a favorire il contatto tra il difensore dinanzi allo stato di emissione e quello dinanzi allo Stato di esecuzione.
Un primo correttivo in tal senso è quello di inserire, tra i requisiti necessari del mandato di arresto, l'indicazione del nome e dei recapiti del difensore nel giudizio a quo ovvero l'indicazione della ragione della eventuale mancanza dello stesso (con conseguente modifica anche della presentazione-provvedimento di cui all'allegato della decisione quadro).
La presenza nel mandato di arresto di un riferimento al difensore nel giudizio a quo consentirebbe, inoltre, di superare le difficoltà che il difensore nel giudizio ad quem incontra nel procurarsi autonomamente gli atti del procedimento cui afferisce la richiesta di consegna.
Ed invero, anche nel quadro di semplificazione delineato dalla decisione quadro, e nel rispetto della distinzione tra giudizio ad quem e giudizio a quo, la conoscenza degli atti del procedimento penale d'origine può risultare opportuna se non addirittura necessaria per esercitare la difesa dinanzi all'Autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione.
La decisione quadro non solo consente, ma addirittura impone di svolgere valutazioni in ordine al giudizio a quo in relazione:

1. alla osservanza dei principi fondamentali ed al rispetto dei diritti di cui all'art. 6 del Trattato dell'Unione Europea;

2. alla insussistenza di ragioni di discriminazione razziale, religioso, di genere e di orientamento sessuale all'origine del mandato;

3. al rispetto della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nei confronti della persona ricercata (essendo doveroso, in siffatti casi, rifiutare la consegna per non concorrere nella violazione dei diritti dell'individuo);

4. alla prospettiva che il ricercato possa essere sottoposto a trattamenti o pene inumani ovvero degradanti;

5. alla effettiva sussumibilità della condotta concreta addebitata o accertata in uno dei nomina criminis previsti dall'art. 2, comma 2, della decisione quadro;

6. alla sussistenza di ragioni di rifiuto obbligatorio ovvero facoltativo alla consegna.

Risulta evidente come tali valutazioni, per consentire un controllo anche solo “sufficiente”, possano implicare la necessità di conoscere degli atti del procedimento a quo.
La acquisizione degli atti, tuttavia, è attualmente possibile solo ad opera dell'organo giurisdizionale chiamato a delibare sulla richiesta di consegna: il difensore non ha titolo per inoltrare una richiesta di copia degli atti dinnanzi al giudice a quo. L'autorità richiesta dell'esecuzione di un mandato di arresto, oltretutto, non ha alcun obbligo di acquisizione, essendo meramente facoltativo l'inoltro di una richiesta in tal senso all'autorità emittente.
Risulta, pertanto, di regola negato al difensore dell'esecuzione (che normalmente conosce solo del mandato di arresto) il diritto ad ottenere autonomamente dall'Autorità che ha richiesto la consegna gli atti ritenuti utili o necessari all’esercizio della difesa del proprio assistito.
E' evidente come il vincolare la possibilità di acquisire gli atti ad una decisione del giudice non offra al ricercato adeguate garanzie difensive nel giudizio ad quem, atteso come sia assolutamente intollerabile che nei processi de libertate l'esercizio del diritto di difesa possa risultare condizionato all'esercizio di un potere discrezionale del giudice.
La funzione primaria della difesa nel giudizio ad quem è quella del controllo della legalità nell'interesse del ricercato, conseguentemente ogni forma di controllo delle procedure del mandato di arresto deve essere favorita dal Legislatore comunitario, e ciò tanto più in un momento in cui la “fiducia reciproca” che venne assunta a fondamento giustificativo della decisione quadro non è ancora stata pienamente conquistata tra gli operatori del diritto.
Non mancano le soluzioni per ovviare al deficit informativo che caratterizza la difesa.
In primo luogo, è auspicabile la costituzione di un ufficio dell'Unione Europea per il coordinamento della difesa transnazionale sul modello di Eurojust (si veda la proposta di Schunemann ed atri sull'Eurodifensore) di cui, peraltro, l'Unione delle Camere Penali ha già sollecitato l'istituzione nel documento allegato al questionario della Commissione sulle future priorità dello spazio LGS.
In una prospettiva di breve periodo, un correttivo può essere rinvenuto nella modifica della decisione quadro al fine di prevedere espressamente che il difensore dell'esecuzione abbia diritto di accedere direttamente agli atti del procedimento a quo, facendone richiesta all'autorità procedente.
L’espressa previsione dell'obbligo di indicare nel mandato d’arresto i riferimenti necessari a contattare il difensore nel procedimento a quo consentirebbe al difensore di consultarsi con il collega patrocinante dinanzi alla autorità giudiziaria emittente anche al fine di far estrarre copia degli atti necessari ad articolare la più adeguata linea difensiva.
Dal punto di vista normativo, si propone di inserire, all'art. 8, la lettera h) nel quale prevedere l'obbligo di indicare il nome, l'indirizzo, il numero di telefono e di telefax, l'eventuale indirizzo di posta elettronica del difensore del ricercato nel procedimento a quo e, ove non vi sia un difensore, di indicarne le ragioni.
Si propone, inoltre, di inserire un terzo comma nell'art. 11 nel quale riconoscere il diritto per il ricercato ed il suo difensore di ottenere copia degli atti del procedimento nel quale è stato emesso il mandato di arresto europeo.

* * * * *

Tanto premesso, la Giunta dell'Unione delle Camere Penali Italiane ritenuto di aderire alla proposta formulata dall'Osservatorio Europa,
invita
la Commissione Europea a voler immediatamente avviare l'iter legislativo necessario ad apportare alla Decisione quadro del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri 2002/584/GAI le seguenti modificazioni:
“All'art. 8, dopo la lettera g), è inserito il seguente testo:
h) il nome, l'indirizzo, il numero di telefono e di fax, l'indirizzo di posta elettronica del difensore della persona ricercata nel procedimento nel quale è stata assunta la decisione in forza della quale è stato emesso il mandato di arresto europeo, ovvero – nel caso in cui non vi sia un difensore – l'indicazione delle ragioni della mancanza di difesa tecnica”.
“All'art. 11, dopo il comma 2, è inserito il seguente comma:
3. Il ricercato ed il suo consulente legale hanno diritto di ottenere e detenere copia degli atti del procedimento per il quale è stato emesso il mandato di arresto europeo”.
In coerenza alla riforma dell'art. 8 dovrà essere adeguata la presentazione di cui all'allegato 1 alla decisione quadro.

dispone

la trasmissione della presente proposta al Presidente della Repubblica, ai Presidenti delle Camere, alla Commissione Europea, al Ministro della Giustizia, al Ministro delle Politiche comunitarie, nonché al Parlamento Europeo, ai responsabili giustizia delle forze politiche presenti al Parlamento Europeo, alle Autorità istituzionali, al CSM, alle Commissioni Giustizia della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, alle Camere Penali Italiane ed alle Istituzioni ed Associazioni Forensi maggiormente rappresentative in Italia e negli altri Stati dell'Unione Europea.

Roma, 17 febbraio 2009

La Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane

venerdì, febbraio 13, 2009

Rapporto tra sequestro penale e congelamento dei beni in applicazione di regolamento UE

SENTENZA N. 3718 UD.04/12/2008 - DEPOSITO DEL 27/01/2009

SEQUESTRO PENALE - RAPPORTO CON LA MISURA DEL CONGELAMENTO DEI BENI

La Corte di Cassazione ha affrontato la questione relativa ai rapporti tra il sequestro penale e la misura del congelamento applicata sui beni riconducibili ai soggetti indicati nei regolamenti comunitari che danno attuazione alle risoluzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il contrasto del finanziamento del terrorismo. Secondo la Corte, qualora i beni congelati siano contemporaneamente sottoposti a sequestro o confisca penale, prevale la gestione del giudice penale. Per converso, laddove il sequestro o la confisca vengano revocati, la gestione del bene già sottoposto al congelamento rientra nella competenza dell’Agenzia del Demanio.

giovedì, febbraio 05, 2009

Errori in Gazzetta UE: DQ relativa alla lotta alla criminalità organizzata

Ne abbiamo parlato qualche giorno fa; l'11 novembre è stata pubblicata in GUCE la Decisione quadro relativa alla lotta contro la criminalità organizzata.
Non so quanti allo stato si siano resi, però, conto dell'errore in intestazione fatto dai redattori della Gazzetta ufficiale.
Si trova infatti scritto: " Atti adottati anorma del Titolo V", invece che, come sarebbe stato corretto: "Atti adottati a norma del Titolo VI".