venerdì, marzo 26, 2010

Cassazione e interpretazione conforme: il caso della pedopornografia

In virtù del carattere vincolante delle decisioni quadro assunte dall'Unione Europea, così come stabilito dall'art. 34, comma 2, del Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, il giudice nazionale ha l'obbligo di interpretare il diritto nazionale conformemente alle decisioni quadro di cui sopra, ovviamente entro i limiti stabiliti dai principi generali del diritto. Dette decisioni, infatti, tracciano le linee guida a cui le legislazioni nazioni sono obbligate ad uniformarsi in materia di giustizia ed affari interni. Il giudice nazionale, allora, può discostarsene solo nel caso in cui la norma di diritto nazionale risulti del tutto incompatibile con il risultato perseguito dalla decisione quadro, quando, cioè, l'applicazione di quest'ultima determinerebbe un'interpretazione contra legem della prima.

In virtù dell'art. 34, comma 2 del Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 (il quale sancisce sostanzialmente l'obbligo del giudice nazionale di interpretare la normativa nazionale conformemente alle decisioni - quadro assunte in sede di Unione Europea) il concetto di pornografia minorile di cui all'art. 600-ter c.p., deve essere interpretato alla luce del concetto di pedopornografia esplicitato nell'art. 1 della decisione - quadro 2004/68/GAI. Può essere quindi definito come materiale pedopornografico quel materiale che ritrae o rappresenta visivamente un minore degli anni diciotto implicato o coinvolto in una condotta sessuale esplicita, quale può essere anche la semplice esibizione lasciva dei genitali o della regione pubica. Nel caso specifico, la connotazione esplicitamente sessuale del materiale oggetto della condotta de quo vale ad escludere la configurabilità di detto reato in capo al soggetto sorpreso a fotografare, su di una spiaggia, bambini in costume da bagno impegnati in attività del tutto innocenti ed ordinarie (come stare in piedi su una roccia o chinati per salirvi con l'aiuto delle mani) laddove non è ravvisabile, quindi, nessuna esibizione lasciva - essendo le zone pubiche sempre e comunque nascoste alla vista dal costume da bagno - e nessun atteggiamento sessualmente allusivo - data la "ordinarietà" delle pose catturate.


Cass. pen., Sez. II, ud. 3 marzo 2010 - dep. 22 marzo 2010, n. 10948

lunedì, marzo 15, 2010

La Cassazione si arrende e riconosce il valore costituzionale della lex mitior

La Cassazione riconosce il valore di principio della lex mitior sulla base della Carta europea dei diritti fondamentali e della giurisprudenza della Corte di Strasburgo.

Cass. pen. Sez. II, Ord., (ud. 12-11-2009) 14-12-2009, n. 47395

"Infine, per completare il quadro giuridico di riferimento, si deve segnalare che una assai recente decisione della Corte Europea dei diritti dell'uomo (sentenza S. c. Italia del 17 settembre 2009), ha stabilito:

- che "l'art. 7, paragrafo 1, della Convenzione non garantisce solamente il principio di non-retroattività delle leggi penali più severe, ma anche, ed implicitamente, il principio di retroattività della legge penale più favorevole";

- ha, inoltre, chiarito che "questo principio si manifesta nella regola che vuole che, se la legge penale in vigore al momento della commissione del reato e le leggi penali posteriori adottate prima della pronunzia di un giudizio definitivo sono differenti, il giudice deve applicare quella le cui disposizioni sono più favorevoli all'imputato";

- ha, pertanto, evidenziato che, nell'ipotesi di successione di leggi penali nel tempo, costituisce violazione dell'art. 7, paragrafo 1, CEDU, l'applicazione della pena più sfavorevole all'imputato;

- ed ha addirittura affermato che "l'art. 442 c.p.p. italiano, comma 2, è una disposizione di diritto penale materiale concernente la severità della pena da infliggere in caso di condanna secondo il procedimento abbreviato, e che ricade, dunque, nel campo di applicazione dell'ultima frase dell'art. 7, paragrafo 1, della Convenzione".

[...]
Tale decisione - di grande rilevanza ai fini delle scelte giuridiche necessarie ad evitare di commettere violazioni della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, esponendo l'Italia alle relative sanzioni - è, peraltro, successiva a tutte le sentenze della Corte costituzionale prese in esame e potrebbe essere idonea, come meglio si vedrà appresso, a rimodulare la giurisprudenza del nostro Paese sul punto della applicazione della lex mitior".

mercoledì, marzo 03, 2010

Tribunale costituzionale tedesco o dei controlimiti presi sul serio

Il BVG dichiara incostituzionale la disciplina interna in materia di data retention modellata sulla fasariga di una direttiva comunitaria (1 BvR 256/08; 1 BvR 263/08; 1 BvR 586/08).

(AGI) - Berlino, 2 mar. - Nuova bocciatura per il tentativo del governo tedesco di tenere sotto controllo telefonate e e-mail dei cittadini. La Corte Costituzionale di Karlsruhe ha stabilito che e’ incostituzionale la legge che consente alle aziende telefoniche di immagazzinare per sei mesi le conversazioni telefoniche, le e-mail ed i collegamenti internet. La decisione dei giudici del “Bundesverfassungsgericht” suona come un nuovo schiaffo dopo le sentenze sul divieto sulle intercettazioni telefoniche e di quelle dei siti online. Una legge del 2008, varata dal governo di ‘Grosse Koalition’, consentiva finora alle aziende telefoniche di registrare e conservare per una durata di 6 mesi tutto il traffico telematico dei cittadini, i cui dati potevano essere messi a disposizione di polizia, procure e servizi segreti nell’intento di prevenire gravi reati o per perseguire chi li aveva gia’ commessi. Grazie a questi dati era finora possibile alle autorita’ di avere accesso non solo alle conversazioni telefoniche dei cittadini, ma anche di localizzarli grazie all’uso dei cellulari. I giudici dell’Alta Corte hanno sentenziato oggi che la legge del 2008 e’ “nulla” ed i dati gia’ memorizzati devono essere “immediatamente cancellati”. I giudici di Karlsruhe hanno motivato la loro decisione con il fatto che la memorizzazione dei dati rappresenta “un’ingerenza particolarmente grave nel segreto telefonico fin dentro la sfera privata”, aggiungendo che il possesso di questi dati potrebbe dar luogo a gravi abusi, mentre questa prassi metterebbe i cittadini nella condizione di avvertire “una diffusa e minacciosa sensazione di essere tenuti sotto osservazione”. A presentare ricorso contro la legge finora in vigore erano stati 35mila cittadini, ma anche molti deputati dei Verdi e del partito liberale, compreso il ministro della Giustizia, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger. Nel salutare la sentenza pronunciata a Karlsruhe, il presidente dei Verdi, Claudia Roth, ha parlato di “uno schiaffo al legislatore per aver calpestato il diritto”.