lunedì, marzo 08, 2021

La Corte di giustizia interviene sulla acquisibilità dei tabulati. O della privacy presa sul serio.

 

La Corte di giustizia interviene sulla acquisibilità dei tabulati. 

O della privacy presa sul serio.

 

Lo scorso 2 marzo la Corte di giustizia dell’Unione europea nella sua massima composizione (Grande camera), in causa C-746/18, ha emesso una sentenza dal sicuro impatto anche per il diritto interno e nel caso di specie per il processo penale.

Chiamata a pronunciarsi sulla base di un rinvio pregiudiziale della Corte suprema estone la Corte di giustizia ha ribadito la sua precedente giurisprudenza chiarendola per quanto riguarda gli effetti anche nell’ambito del processo penale.

La questione è relativa possibilità di acquisire nel processo penale tabulati relativi a dati idonei a fornire informazioni sulle comunicazioni effettuate da un utente o sulla ubicazione delle apparecchiature terminali utilizzate allorquando tali informazioni consentano anche di trarre precise conclusioni sulla vita privata senza che tale possibilità sia circoscritta a forme gravi di criminalità.

Di conseguenza si pone un limite oggettivo alla acquisibilità di tabulati relativi a comunicazioni elettroniche e si provvede inoltre a individuare anche un limite soggettivo quanto alla autorità alla quale un tale accesso alle informazioni è consentito.

Secondo la Corte “L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, letto alla luce degli articoli 7, 8 e 11 nonché dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, la quale consenta l’accesso di autorità pubbliche ad un insieme di dati relativi al traffico o di dati relativi all’ubicazione, idonei a fornire informazioni sulle comunicazioni effettuate da un utente di un mezzo di comunicazione elettronica o sull’ubicazione delle apparecchiature terminali da costui utilizzate e a permettere di trarre precise conclusioni sulla sua vita privata, per finalità di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento di reati, senza che tale accesso sia circoscritto a procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica, e ciò indipendentemente dalla durata del periodo per il quale l’accesso ai dati suddetti viene richiesto, nonché dalla quantità o dalla natura dei dati disponibili per tale periodo.

Ma non solo. La Corte ha modo di pronunciarsi anche su quale sia l’Autorità nazionale che possa autorizzare l’accesso alle banche dati dei gestori del traffico telefonico ed elettronico in senso lato; secondo la Corte:

L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, come modificata dalla direttiva 2009/136, letto alla luce degli articoli 7, 8 e 11 nonché dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, la quale renda il pubblico ministero, il cui compito è di dirigere il procedimento istruttorio penale e di esercitare, eventualmente, l’azione penale in un successivo procedimento, competente ad autorizzare l’accesso di un’autorità pubblica ai dati relativi al traffico e ai dati relativi all’ubicazione ai fini di un’istruttoria penale”.

 

Si impone a questo punto, e nonostante i ripetuti interventi della Cassazione che hanno inteso ritenere la disciplina italiana compatibile con il diritto UE, la revisione della disciplina italiana, ponendosi al contempo un serio problema quanto alla utilizzabilità dei dati, acquisiti nei procedimenti penali d’iniziativa del Pubblico ministero per fatti diversi da condotte integranti forme gravi di criminalità o che determinino gravi minaccia alla sicurezza pubblica.