giovedì, novembre 24, 2011

Responsabilità civile giudici e diritto UE: accertata l'infrazione

Ed infine i giudici di Lussemburgo danno ragione a Dell'Europa e delle pene che è all'origine della procedura di infrazione.
La Corte di Lussemburgo accerta l'illegittimità comunitaria (o UE) della legge 117/88 che aveva malamente dato esecuzione al detatto referendario in materia di responsabilità civile dei magistrati. La sentenza della Corte, invero, interviene su iopotesi di responsabilità dello Stato per violazioni del diritto UE determinate dall'attività dei magistrati ma del resto la stessa Legge 117 del 1988 interveniva introducendo una responsabilità dello Stato. Dunque ora non ci sono più alibi e la legge italiana va cambiata!

La sentenza emessa in causa C-379/10 è chiara: bocciato il sistema italiano sulla responsabilità civile dei giudici, nei casi di applicazione del diritto Ue. Strada spianata  a un allargamento della possibilità di ottenere un risarcimento dei danni dovuto dallo Stato per errori nell’attuazione del diritto comunitario commessi da giudici di ultima istanza. Con effetti che, però, potrebbero andare al di là dell’applicazione del diritto dell’Unione.

La legge 117/88 va cambiata
Pur tra qualche distinguo, la Corte di giustizia, nella sentenza di oggi (causa C-379/10), che ha preso il via da un procedura d’infrazione della Commissione, lancia un messaggio chiaro: la legge 117/88 sulla responsabilità civile dei giudici deve essere cambiata perché frena la corretta applicazione del diritto Ue e limita in modo ingiustificato la responsabilità dello Stato che, con i suoi organi giurisdizionali, viola il diritto comunitario.

Il ricorso parte dalla Commissione
Accolto così in pieno, da Lussemburgo, il ricorso della Commissione europea che si era rivolta agli eurogiudici chiedendo di condannare l’Italia che, con la legge 117/88, ha escluso la responsabilità dello Stato per i danni derivanti da un’interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione di fatti e prove e per aver limitato, negli altri casi, tale responsabilità unicamente all’ipotesi di dolo e colpa grave, con inevitabili limitazioni nelle azioni di risarcimento dei singoli per violazioni del diritto Ue.

Per la Corte, la legge 13 aprile 1988 n. 117 sul risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può essere considerata compatibile con il diritto Ue perché comprime la responsabilità dello Stato. Con un effetto negativo sull’azionabilità del diritto dell’Unione e, in via indiretta, sul primato del diritto comunitario rispetto all’ordinamento interno.

La sentenza preparatoria
Avvisaglie che questa sarebbe stata la conclusione della Corte erano già rintracciabili nella sentenza Traghetti del Mediterraneo (causa C-173/03) con la quale gli eurogiudici avevano già spazzato via i paletti posti dalla legge n. 117, stabilendo la responsabilità degli Stati per violazione provocata da organi giurisdizionali di ultimo grado nell’applicazione del diritto Ue e l’obbligo per i Paesi membri di risarcire i danni arrecati ai singoli, considerando inammissibile ogni restrizione a questo principio.

Le conseguenze
La pronuncia di oggi che già comporta una disapplicazione della normativa interna da parte dei giudici nazionali, impone anche al legislatore italiano di mettere mano alla legge n. 117 che dovrà essere modificata: la mancata esecuzione della sentenza potrebbe causare un nuovo ricorso della Commissione con l’applicazione di una sanzione pecuniaria all’Italia. La nuova legge, quindi, stando alle indicazione di Lussemburgo, dovrà consentire un risarcimento per violazione del diritto Ue da parte degli organi giurisdizionali anche nei casi di errori di interpretazione o dovuti alla valutazione dei fatti e delle prove. Da eliminare anche il limite soggettivo fissato nella legge n. 117/88 che oggi impone la dimostrazione del dolo e della colpa grave a carico di chi avvia l’azione di risarcimento. Una condizione supplementare, quella prevista dalla legge italiana, che fa scattare l’azione di responsabilità solo in caso di intenzionalità della violazione, con una consequenziale restrizione dell’ambito di applicazione della responsabilità extracontrattuale. Che, invece, precisa la Corte, sussiste in tutti i casi di diritti attribuiti ai singoli e di violazione manifesta del diritto comunitario.

Ma gli effetti potrebbero non essere circoscritti ai casi di applicazione del diritto Ue. E’ vero, infatti, che la sentenza della Corte impone una modifica della legge nella sola parte in cui essa incide negativamente sull’applicazione del diritto comunitario, ma lasciare in piedi un meccanismo di responsabilità dello Stato che stabilisce l’obbligo di dimostrare la colpa grave o il dolo nei soli casi in cui l’autorità giurisdizionale debba applicare il diritto interno e rimuovere questo requisito nei casi di applicazione del diritto dell’Unione comporta una sorta di discriminazione a rovescio, vietata nel nostro ordinamento.

lunedì, novembre 14, 2011

Corte di giustizia: diffamazione e foro competente

Interessante pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione (in causa C-509/09) in materia di individuazione del giudice competente nelle cause di risarcimento di danni derivanti dalla diffusione di notizie dal carattere diffamatorio via internet.
La Corte sulla base delle norme UE relative alla prestazione di servizi di commercio elettronico ed al regolamento sulla competenze nelle liti civili e commerciali offre una imporante ricostruzione dello stato del diritto UE elaborando una interpretazione particolarmente garantista a vantaggio dell'accesso alla giustizia delle vittime. Il tenore della decisione della Grande sezione della Corte UE è il seguente:
L’art. 5, punto 3, del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che, in caso di asserita violazione dei diritti della personalità per mezzo di contenuti messi in rete su un sito Internet, la persona che si ritiene lesa ha la facoltà di esperire un’azione di risarcimento, per la totalità del danno cagionato, o dinanzi ai giudici dello Stato membro del luogo di stabilimento del soggetto che ha emesso tali contenuti, o dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui si trova il proprio centro d’interessi. In luogo di un’azione di risarcimento per la totalità del danno cagionato, tale persona può altresì esperire un’azione dinanzi ai giudici di ogni Stato membro sul cui territorio un’informazione messa in rete sia accessibile oppure lo sia stata. Questi ultimi sono competenti a conoscere del solo danno cagionato sul territorio dello Stato membro del giudice adito.

2) L’art. 3 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), deve essere interpretato nel senso che esso non impone un recepimento in forma di norma specifica di conflitto. Nondimeno, per quanto attiene all’ambito regolamentato, gli Stati membri devono assicurare che, fatte salve le deroghe autorizzate alle condizioni previste dall’art. 3, n. 4, della direttiva 2000/31, il prestatore di un servizio del commercio elettronico non sia assoggettato a prescrizioni più rigorose di quelle previste dal diritto sostanziale applicabile nello Stato membro di stabilimento di tale prestatore.