venerdì, dicembre 21, 2007

MAE: limiti alla consegna e principio di territorialità

Sentenza n. 46843 del 10 dicembre 2007 - depositata il 17 dicembre 2007
(Sezione Sesta Penale, Presidente A. Di Virgilio, Relatore G. Conti)
In tema di mandato d’arresto europeo, deve essere rifiutata, ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. p), L. 22 aprile 2005, n. 69, la consegna richiesta dall’autorità giudiziaria straniera, allorquando una parte della condotta criminosa si sia verificata nel territorio italiano. (Fattispecie nella quale, in esecuzione di un mandato d’arresto europeo, era stata disposta la consegna all’autorità giudiziaria della Repubblica austriaca di un cittadino italiano imputato, assieme ad altre persone, dei delitti di associazione per delinquere e truffa, la cui condotta criminosa si era realizzata nella sua parte iniziale in territorio italiano, mentre l’attività svolta in territorio austriaco era materialmente attribuibile solo ai coimputati).

Procedura penale: si accende il dibattito sulla bozza Riccio

Inizia a salire d'intensità il dibattito sulla c.d. bozza Riccio di riforma della procedura penale.
Il testo contiene, tra l'altro, anche degli interventi atti ad introdurre nel codice i principi relativi alla cooperazione giudiziaria in materia penale e soprattutto quello del mutuo riconoscimento, riconosciuto già al Consiglio europeo di Tampere (1999) come la "pietra angolare" della costruzione di uno spazio giudiziario in materia penale. Il testo del documento.

venerdì, dicembre 14, 2007

Trattato UE: le Camere penali chiedono la riforma costituzionale

L’Europa sia un arricchimento delle garanzie individuali e non determini una loro messa in pericolo. L’Europa rappresenta un valore da tutti riconosciuto ma occorrerebbe una riflessione più attenta della classe politica non soltanto sui benefici ma anche sui pericoli in materia di libertà fondamentali che potrebbe provocare un’adesione acritica a trattati sovranazionali. Questo il commento dei penalisti italiani in occasione della sottoscrizione, a Lisbona, del nuovo Trattato europeo. L’UCPI, l’associazione dei penalisti italiani che si batte da anni per la tutela dei diritti civili e delle libertà fondamentali, ha oggi preannunziato la trasmissione a tutte le forze parlamentari, per la prossima settimana, di una proposta di revisione costituzionale dell’art. 76 della carta fondamentale. Tanto, al fine di vedere sancita in Costituzione la inapplicabilità delle procedure della delega legislativa, in materia penale e di diritto processuale penale, delle norme che recepiscono decisioni assunte in ambito comunitario. In pratica, con la modifica richiesta, si supererebbe la pericolosa prassi oggi seguita di recepire nel nostro ordinamento giuridico direttive o altre decisioni comunitarie con delega legislativa del Governo, rendendo invece necessario il recepimento attraverso l’intervento e il voto esclusivo del Parlamento. Nei giorni scorsi l’UCPI aveva espresso forte preoccupazione per le conseguenze che deriveranno, anche sotto tale profilo, dalla sottoscrizione del Trattato Europeo per effetto della introduzione di norme che disciplinano la cooperazione giudiziaria penale, in particolare per quanto attiene alla mancanza di criteri di tipizzazione delle cd norme minime relative alla definizione dei reati e alle garanzie processuali riferibili ai diritti della persona e alla ammissibilità della prova. Con riguardo alle conseguenze dell’applicazione del Trattato, l’intervento del Parlamento nella fase di recepimento delle direttive europee rappresenterebbe una forma di verifica democratica tale da limitare i rischi di incrinatura dei principii costituzionali e dei diritti fondamentali che potrebbero provenire da disposizioni europee in materia penale, che cercano di conciliare “al ribasso” diverse legislazioni nazionali, determinando una regressione nella applicazione di principi fondamentali nei singoli ordinamenti nazionali. La Giunta dell’UCPI auspica che la scommessa europea consenta di mantenere inalterati gli standard dei valori di civiltà giuridica, segnalando il concreto pericolo che gli stessi siano resi inoperanti.

giovedì, dicembre 13, 2007

L'Europa e la sua costituzione

Déclaration des Droits de l'homme et du citoyen du 26 août 1789
Art. 16. -
Toute Société dans laquelle la garantie des Droits n'est pas assurée, ni la séparation des Pouvoirs déterminée, n'a point de Constitution.
-----

Due eventi si sono compiuti tra ieri ed oggi (dies aureo signando lapillo), entrambi di primaria importanza nel rafforzamento dell'"area costituzionale europea", il più grande spazio di diritto del globo terracqueo.
E' stata infatti (ri)plocamata la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ed è stato firmato il Trattato (di Lisbona) che riforma il quadro istituzionale dell'Unione europea, determinando, dunque, l'organizzazione e la separazione dei poteri (sui generis) nello spazio giuridico europeo. Sono dunque in piedi, nell'attesa d'essere rafforzati, i due pilastri necessari perché si abbia Costituzione.

Responsabilità degli enti e diritto europeo: le tappe del percorso

L’articolo 27 della Costituzione sancisce che la “responsabilità penale è personale” ; il riferimento è dunque al tradizionale brocardo secondo cui "societas delinquere non potest". Tutta questa elaborazione giuridica è stata superata dalla necessità di adempiere a chiari obblighi di provenienza comunitaria in primis ed internazionale.
Con la Legge n. 300 del 29 settembre 2000, adottata in adesione a precisi obblighi di provenienza europea e comunitaria, è stato introdotto nel nostro ordinamento il principio volto ad attribuire la responsabilità penale anche in capo alle persone giuridiche.
I principi della legge 300 sono stati attuati con il d.lgs. n. 231 del 2001 che ha provveduto a regolare, a seguito di un ampio dibattito che ha ampiamente interessato la cultura giuridica italiana, una responsabilità amministrativa degli enti . Tale definizione non riesce però a celare quella che è configurabile come una vera e propria “responsabilità” di tipo penale, perché penali sono le sanzioni (e la loro funzione) e “penali” (nel senso dell’applicabilità della procedura penale) sono i meccanismi di accertamento della stessa nonché di applicazione delle pene.

La definizione di enti suscettibili di responsabilità amministrativa è data dallo stesso articolo 1 del d.lgs 231/2001, secondo cui le disposizioni del decreto si applicano “agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica”, mentre non si applicano allo Stato ed agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici, nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
Nei primi anni di sua vigenza la disciplina relativa alla responsabilità “penale” delle persone giuridiche è stata modificata numerose volte e la sua applicazione è stata estesa in maniera progressiva ad un numero sempre maggiore di reati. Spesso tali modifiche sono state indotte dalla necessità di adeguare il nostro ordinamento agli obblighi di provenienza comunitaria e più in generale dell’Unione europea.
Senza occuparci delle questioni relative ai modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire i reati che costituiscono l'oggetto della responsabilità dell'ente, ci si soffermerà essenzialmente sul rapporto assai stretto, se non essenzialmente genetico, della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, e delle sue forme, col diritto comunitario o europeo più in generale.

Già nel corso dello stesso 2001, con il D.L. n. 350 (convertito con legge n. 409 del 2001), relativo a disposizione urgenti in vista dell’introduzione dell’Euro, si provvedeva a recepire una decisione quadro UE (2000/383/GAI), inserendo al d.lgs. n. 231, l’articolo 25-bis relativo alla “punibilità” degli enti per falsità in monete, carte di pubblico credito e valori di bollo.

Nel 2002, in occasione della complessiva riforma degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, operata mediante il decreto legislativo n. 61 del 2002, si procedeva ad inserire un nuovo articolo 25-ter relativo alla sanzionabilità di reati in materia societaria commessi nell’interesse delle società da amministratori, direttori generali o liquidatori o da persone sottoposte alla loro vigilanza, qualora il fatto non si fosse realizzato se avessero vigilato in conformità degli obblighi inerenti alla loro carica.

Nel corso del 2003, in occasione ella ratifica della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo del 1999, si è provveduto ad una ulteriore riforma del decreto 231, in tal modo adeguando il nostro ordinamento oltre che alla citata Convenzione anche alla decisione quadro sul terrorismo del 13 giugno 2002 (2002/475/GAI).
In quell’occasione veniva inserito, nel decreto 231, l’articolo 25-quater che prevede la punibilità e la comminazione delle corrispondenti sanzioni, per gli enti implicati nella commissione di delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico.

La legge n. 228 del 2003, relativa misure contro la tratta delle persone, che provvede all’attuazione alla decisione quadro UE del 19 luglio 2002 (2002/629/GAI), all’articolo 5 provvede ad introdurre, nel decreto 231/2001, l’articolo 25-quinquies, relativo alla punizione di enti per delitti contro la personalità individuale, previsti dalla sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale.

La comunitaria 2004, adottata con legge del 18 aprile 2005, n. 62, determina una nuova, importate riforma del decreto 231, introducendo il nuovo articolo 25-sexies. La comunitaria 2004 ha infatti provveduto ad implementare nel nostro ordinamento, in adempimento di una direttiva comunitaria (2003/6/CE), il reato c.d. di “market abuse”. In relazione ai reati introdotti dalla direttiva ed agli altri reati relativi all’abuso di informazioni privilegiati e manipolazione del mercato si introduce la punibilità, e la previsione delle relative sanzioni, anche degli enti.

La legge sul risparmio, numero 262 del 28 dicembre 2005, che ha tra le altre cose riformulato i reati societari (di cui al dlgs 61/2002) ed introdotto il reato di omessa comunicazione del conflitto di interessi, ha provveduto (art. 31) ad integrare l’articolo 25-ter del decreto 231/2001 con l’introduzione del riferimento al delitto di omessa comunicazione del conflitto d’interessi (art. 2629-bis c.c.).

La legge n. 7 del 9 gennaio 2006 ha invece introdotto, ai fini dell’applicazione del decreto 231, tra i reati contro la persona e dunque nella lista prevista dall’art. 25-quinquies, la punibilità delle pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili.

Un altro intervento, anche questa volta indotto dall’obbligo di attuazione di strumenti normativi di diritto europeo (2004/68/GAI), è quello operato con la legge n. 38 del 6 febbraio 2006, relativa a disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia, anche a mezzo internet. L’articolo 10 della citata legge ha infatti ampliato la portata dell’articolo 25-quinquies del decreto 231, introducendo il riferimento al delitto previsto dall’articolo 600 quater.1 del codice penale.

E’ dell’agosto scorso, invece, la legge 123 del 2007, che interviene sulla disciplina “penale” degli enti sanzionando eventuali violazioni della normativa antinfortunistica. A seguito di detto intervento legislativo è stato introdotto l’articolo 25-septies relativo a omicidio colposo e lesioni gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro.

Da ultimo, ne è prevista la pubblicazione in Gazzetta ufficiale il 15 dicembre prossimo, va ricordato il decreto legislativo di recepimento della direttiva 2005/60/CE, relativa all’adeguamento del nostro ordinamento alle disposizioni europee in materia di lotta contro il riciclaggio dei capitali ed il finanziamento del terrorismo internazionale.
All’articolo 86 di questo decreto legislativo di provvede all’inserimento dell’articolo 25-octies nel decreto l231 relativo alla perseguibilità ed alla definizione delle sanzioni irrogabili agli enti per i reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

Anche la Legge comunitaria 2007 provvede ad introdurre modifiche rilevanti al testo del d.lgs. 231/2001 e lo fa promuovendo una prima applicazione all’articolo 1 della legge 11/2005 (la legge comunitaria 2006 non aveva ritenuto di dare attuazione alle decisioni quadro in attesa di recepimento) che consente l’attuazione, attraverso la legge annuale, anche delle decisioni quadro.
Si tratta di strumenti normativi che, pur non essendo stricto sensu di diritto comunitario, rappresentano uno fonte di diritto dell’Unione europea il cui crescente utilizzo è una delle novità degli ultimi anni di integrazione UE. Si tratta di fonti normative dal carattere assai peculiare, che intervengono in ambiti dell’ordinamento assai delicati come quelli relativi al diritto ed alla procedura penale, almeno sino alla riunificazione del quadro istituzionale che si avrà con il Trattato di Lisbona prossimo venturo che, negli auspici, dovrà riformare l’intero impianto dell’Unione europea.

L’articolo 28 della proposta di Legge comunitaria 2007 prevede infatti la delega al Governo per trasporre in diritto interno ben quattro decisioni quadro: 1) decisione quadro 2003/568 relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato; 2) decisione quadro 2003/577 relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio; 3) decisione quadro 2005/212 relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato; 4) decisione quadro 2005/214 relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie.

Quanto alla prima delle decisioni quadro in comunitaria (richiamata dall’art. 29 ) si dispone che il reato di corruzione nel settore privato sia incluso tra le figure delittuose previste nel d.lgs. 231/2001 e dunque tra i reati per i quali risultano “perseguibili” enti.
La corruzione nel settore privato va inserita tra i reati societari di cui all’articolo 25-ter della 231/2001 e le sanzioni (che debbono essere effettive, proporzionate e dissuasive) vengono previste nei confronti delle persone giuridiche nel cui interesse o vantaggio sia commesso il reato.

Quanto al recepimento della decisione quadro relativa all’esecuzione nell’UE dei provvedimenti di blocco di beni o di sequestro probatorio (art. 30) non si fa direttamente cenno al decreto legislativo 231/2001, ma è intuitiva la sua astratta applicabilità anche a bene appartenenti ad enti ed ai provvedimenti ablativi disposti nei confronti di questi.

Per quanto concerne, invece, il recepimento della decisione quadro relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato (art. 31), la lettera f) dell’articolo 31 contiene una delega affinché si adegui la disciplina della confisca nei confronti delle persone giuridiche ai principi seguenti:
1) la confisca è obbligatoria (a) nei confronti del prodotto e del prezzo del reato, nonché del profitto derivato direttamente o indirettamente dal reato, e del suo impiego, nella parte in cui non detti beni debbano essere restituiti al danneggiato, (b) sui beni nella parte in cui non debbano essere restituiti al danneggiato, nel caso di proscioglimento per mancanza di imputabilità o per estinzione di un reato la cui esistenza sia stata accertata, (c) l’esperibilità della confisca, totale o parziale, su altri beni di valore equivalente a quello delle cose che costituiscono il pezzo, il prodotto o il profitto del reato, con eccezione dei beni impignorabili.
2) Debbono essere disciplinati i limiti della confisca nei confronti della persona estranea al reato, che ne abbia beneficiato, o che abbia ricevuto i beni per diritto successorio.
3) Deve essere previsto, ai fini di confisca dei beni che l’autore del reato abbia intestato affettatamente a terzi, o comunque possieda per interposta persona fisica o giuridica, siano considerati come a lui appartenenti.

Con l’articolo 32 della legge comunitaria si dispone l’attuazione della decisione quadro relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento – che sempre più si configura come principio fondamentale dello spazio giuridico europeo in materia civile e penale - delle sanzioni pecuniarie; il mutuo riconoscimento si estende altresì alle sanzioni pecuniarie (amministrative o penali) inflitte a carico di persone giuridiche.

In margine a quanto già detto va ricordato come il valore delle decisioni quadro assuma oggi una rilevanza sempre maggior anche per l’interprete e dell’operatore del diritto, giudice o avvocato che sia.
A partire dalla sentenza della Corte di giustizia in causa Pupino, C-105/03 del 16 giugno 2005, seguita da numerose pronunce adesive anche della nostra Corte di Cassazione - su tutte vanno ricordate quelle relative al Mandato di arresto europeo - le decisioni quadro, cui pure non può essere riconosciuto effetto diretto per esplicita previsione del Trattato, possono ben costituire parametro per una interpretazione conforme al diritto UE del diritto interno operata dal giudice nazionale, anche in assenza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia.
L’interpretazione conforme, che è forse il principale sistema di risoluzione delle antinomie o incompatibilità tra diritto interno e diritto di provenienza UE, nell’estensione accettata anche dal nostro giudice di legittimità, se è vero che non consente applicazioni contra legem del diritto interno, consente di applicare il diritto interno solo e nella misura in cui sia compatibile con le previsioni comunitarie, al limite selezionando le norme interne da applicare sulla base della loro conformità col diritto UE. Si tratta di uno strumento assai rilevante nelle mani degli operatori del diritto per una corretta comprensione ed applicazione di questi strumenti giuridici offerti dal diritto europeo.
Ove lo strumento della interpretazione conforme delle norme interne non dovesse risultare idoneo per riconciliare la “distonia” rispetto alle norme UE, non rimane altra via percorribile che quella della questione di legittimità costituzionale considerando la decisione quadro come parametro effettivo di costituzionalità mediato dal rinvio operato dall’art. 117 , comma1 della Cost.
Lista degli interventi normativi di riforma della 231/2001, * per quelli direttamente derivanti da obblighi comunitari

*Il D.L. 25 settembre 2001, n. 350 (in G.U. 26/9/2001, n. 224), convertito con L. 23 novembre 2001, n. 409 (in G.U. 24/11/2001, n. 274) ha disposto (con l'art. 6) l'introduzione dell'art. 25-bis.
/
Il D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61 (in G.U. 15/4/2002, n. 88) ha disposto (con l'art. 3) la modifica della rubrica della sezione III (da "Responsabilità amministrativa per reati previsti dal codice penale" a "Responsabilità amministrativa da reato") e l'introduzione dell'art. 25-ter.
/
Il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (in S.O n. 126/L relativo alla G.U. 15/6/2002, n. 139) ha disposto (con 'art. 299) l'abrogazione dell'art. 75.
/
Il D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (in S.O. n. 22/L, relativo alla G.U. 13/2/2003, n. 36) ha disposto (con l'art. 52 ) la modifica dell'art. 85 e l'abrogazione degli artt. 80, 81 e 82.
/
*La L. 14 gennaio 2003, n. 7 (in G.U. 27/1/2003, n. 21) ha disposto (con l'art. 3) l'introduzione dell'art. 25-quater.
/
Il D. 26 giugno 2003, n. 201 (in G.U. 4/8/2003, n. 179) ha disposto (con l'art. 8) la modifica dell'art. 6.
/
*La L. 11 agosto 2003, n. 228 (in G.U. 23/8/2003, n. 195) ha disposto (con l'art. 5) l'introduzione dell'art. 25-quinquies.
/
*La L. 18 aprile 2005, n. 62 (in S.O. n. 76/L, relativo alla G.U. 27/4/2005, n. 96) ha disposto (con l'art. 9) la modifica dell'art. 25-sexies.
/
La L. 28 dicembre 2005, n. 262 (in S.O. n. 208/L, relativo alla G.U. 28/12/2005, n. 301) ha disposto (con gli artt. 31 e 39) la modifica dell'art. 25-ter.
/
*La L. 9 gennaio 2006, n. 7 (in G.U. 18/1/2006, n. 14) ha disposto (con l'art. 8) l'introduzione dell'art. 25-quater.1.
/
*La L. 6 febbraio 2006, n. 38 (in G.U. 15/2/2006, n. 38) ha disposto (con l'art. 10) la modifica dell'art. 25-quinquies.
/
La L. 3 agosto 2007, n. 123 (in G.U. 10/8/2007, n. 185) ha disposto (con l'art. 9) l'introduzione dell'art. 25-septies.
/
* Decreto legislativo recante “attuazione della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, nonché attuazione della direttiva 2006/70/CE della Commissione, del 1° agosto 2006, recante misure di esecuzione della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la definizione di «persone politicamente esposte» e i criteri tecnici per le procedure semplificate di adeguata verifica della clientela e per l’esenzione nel caso di un’attività finanziaria esercitata in modo occasionale o su scala molto limitata” approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri del 16 novembre 2007
/
* La comunitaria 2007 in corso di approvazione

mercoledì, dicembre 05, 2007

MAE e cittadino italiano

Sentenza n. 42767 del 5 aprile 2007 - depositata il 20 novembre 2007(Sezione Sesta Penale, Presidente G. Lattanzi, Relatore S. F. Mannino)

RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA’ STRANIERE – M.A.E. - MISURE CAUTELARI PERSONALI - CITTADINO ITALIANO
Il particolare regime previsto dagli artt. 18, lett. R) e 19 lett. C) l. 69/2005, nel caso in cui il mandato d'arresto europeo sia stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della liberta' personale nei confronti di un cittadino italiano, non impedisce l’applicabilità della misura cautelare che ne assicuri l’esecuzione.

martedì, dicembre 04, 2007

Il DL espulsioni e la presunzione di soggiorno

Sul recepimento direttiva 2004/38/CE
L'"invenzione" del Ministro Amato illustrata oggi in Senato, relativa al DL sicurezza, assomiglia un pò ad un refrain ricorrente nella cultura giuridica di questo paese, ad un suo modo d'essere sempre più tipico.
Il problema è quello di determinare quali siano i comunitari che successivamente al soggiorno libero da vincoli e condizioni (fino a tre mesi, come previsto dalla direttiva), per poter continuare a risiedere nel nostro paese debbono iscriversi nelle liste anagrafiche e dimostrare di possedere i necessari mezzi di sussistenza.
Posti dunque gli obblighi in capo ai cittadini comunitari, in un paese normale toccherebbe alle forze dell'ordine far applicare tali vincoli attraverso identificazioni, ispezioni, indagini, controllo del territorio.
Naturalmente l'amministrazioni e le cosiddette agenzie di law enforcement di questo paese non sono capaci di far nulla di tutto questo, ed allora cosa decide di fare il Governo?
Introduce una presunzione legale (il classico ribaltamento dell'onere della prova!). Ragion per cui ciascun cittadino comunitario si considera soggiornante da oltre tre mesi, salvo che sia nelle condizioni di dimostrare il contrario!
Un pò quello che succede (contro ogni principio e contro la Costituzione) quotidianamente nelle aule di Tribunale, dove sempre più spesso è l'imputato a vedersi costretto a provare la propria innocenza, piuttosto che il contrario. In questo paese come sempre le inefficienze della macchina pubblica si trasformano in oneri per la parte privata.
Il testo proposto dal Governo:
1.300
Al comma 1 premettere il seguente:
«01. All'articolo 5 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, è aggiunto in fine il seguente comma:
"6. In ragione della prevista durata del suo soggiorno, il cittadino dell'Unione o il suo familiare può presentarsi ad un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno. Qualora non sia stata effettuata tale dichiarazione di presenza, si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi"».

lunedì, dicembre 03, 2007

CGCE ed accesso agli atti: l'affaire Turco

Sono state rese note le conclusioni dell'Avvocato generale Maduro nel caso avviato dall'europarlamentare italiano Turco e dal Regno Svezia (C-39/05P) già dinanzi al Tribunale di primo grado. La questione è quella relativa al diritto di accesso agli atti (nel caso un parere fornito dal servizio giuridico del Conisglio UE). Se ne raccomanda la lettura.