martedì, dicembre 04, 2007

Il DL espulsioni e la presunzione di soggiorno

Sul recepimento direttiva 2004/38/CE
L'"invenzione" del Ministro Amato illustrata oggi in Senato, relativa al DL sicurezza, assomiglia un pò ad un refrain ricorrente nella cultura giuridica di questo paese, ad un suo modo d'essere sempre più tipico.
Il problema è quello di determinare quali siano i comunitari che successivamente al soggiorno libero da vincoli e condizioni (fino a tre mesi, come previsto dalla direttiva), per poter continuare a risiedere nel nostro paese debbono iscriversi nelle liste anagrafiche e dimostrare di possedere i necessari mezzi di sussistenza.
Posti dunque gli obblighi in capo ai cittadini comunitari, in un paese normale toccherebbe alle forze dell'ordine far applicare tali vincoli attraverso identificazioni, ispezioni, indagini, controllo del territorio.
Naturalmente l'amministrazioni e le cosiddette agenzie di law enforcement di questo paese non sono capaci di far nulla di tutto questo, ed allora cosa decide di fare il Governo?
Introduce una presunzione legale (il classico ribaltamento dell'onere della prova!). Ragion per cui ciascun cittadino comunitario si considera soggiornante da oltre tre mesi, salvo che sia nelle condizioni di dimostrare il contrario!
Un pò quello che succede (contro ogni principio e contro la Costituzione) quotidianamente nelle aule di Tribunale, dove sempre più spesso è l'imputato a vedersi costretto a provare la propria innocenza, piuttosto che il contrario. In questo paese come sempre le inefficienze della macchina pubblica si trasformano in oneri per la parte privata.
Il testo proposto dal Governo:
1.300
Al comma 1 premettere il seguente:
«01. All'articolo 5 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, è aggiunto in fine il seguente comma:
"6. In ragione della prevista durata del suo soggiorno, il cittadino dell'Unione o il suo familiare può presentarsi ad un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno. Qualora non sia stata effettuata tale dichiarazione di presenza, si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi"».

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sull'argomento, osservo quanto segue:

1) In mancanza della dichiarazione (apparentemente facoltativa), il provare che, come esemplifica il Ministro Amato, da due settimane sono registrato in albergo non prova che io non sia in Italia da oltre tre mesi. Per provare questo, dovrei dimostrare che meno di tre mesi fa ero all'estero; il che e' molto piu' difficile.

2) Se e' giusto quanto affermo nel punto 1), allora la dichiarazione diventa in realta' obbligatoria. La cosa e' legittima in base alla Direttiva 38, come giustamente dice il Ministro Amato. Ma la Direttiva stessa prescrive che, ove quest'obbligo sia imposto, la violazione non possa comportare sanzioni sproporzionate o discriminatorie. E' ovvio che se dalla mancata dichiarazione finisce per discendere l'allontanamento (cioe' la negazione del diritto di soggiorno breve) la sanzione e' assolutamente sproporzionata.

3) Nel caso in esame, per giunta, la sanzione deriverebbe solo dall'incapacita' dell'interessato di dimostrare che tre mesi prima si trovava all'estero, dato che formalmente non vi e' obbligo di dichiarazione. Se questa non e' una sanzione sproporzionata!

4) Se deve esservi sanzione, deve esservi, quindi, quanto meno l'obbligo esplicito della dichiarazione di presenza. Ma quest'obbligo deve prevedere tassativamente una scadenza entro la quale la dichiarazione deve essere presentata (non meno di otto giorni, stante la disciplina vigente per gli stranieri non comunitari). Da un punto di vista pratico, pero', se il comunitario viene intercettato e interrogato sulla durata pregressa del suo soggiorno, potra' ben dire: sono arrivato ieri, e programmavo di andare domani a presentare la mia dichiarazione alla polizia. Come dimostrera', il poliziotto, che non e' arrivato ieri, se non assumendosi l'onere della prova?

5) Si puo' pensare: la polizia nei fatti non molestera' il povero turista tedesco, ma fara' valere queste disposizioni solo nei confronti del presunto accattone rumeno. Ma questa si chiama applicazione discriminatoria delle norme. E, se anche la discriminazione non fosse effettuata su base etnica, ma su base di apparente censo, si tratta comunque di una introduzione surrettizia di un requisito di disponibilita' di mezzi ai fini del soggiorno breve. E questo e' contro la Direttiva 38.

Sergio Briguglio