domenica, ottobre 10, 2010

Responsabilità civile dei magistrati: si va in Corte

Della vicenda se ne sono occupati in pochi, forse solo Dell'Europa e delle pene.
Il silenzio della stampa è stato assordante ed anche l'attenzione degli studiosi scarsa!
Dalle sole iniziative di questo blog, e dall'attenzione di alcuni parlamentari (i radicali Meccacci alla Camera dei deputati e Cappato al Parlamento europeo) sono scaturite infatti le interrogazioni parlamentari e solo successivamente l'apertura della procedura di infrazione UE.
La vicenda è però andata avanti ed un ulteriore passo è stato compiuto dalla Commissione nella riunione del Collegio del 24 giugno scorso.
L'Italia è stata finalmente deferita alla Corte di giustizia  dell'Unione europea per violazione del diritto UE.
La violazione sarebbe costituita, secondo l'insegammento della Sentenza Traghetti del  Mediterraneo (C-173/03), dalla eccessiva restrittività delle previsioni contenute dalla legge italina che disciplina (o meglio esclude!) la responsabilità civile dei magistrati italiani (e dello Stato italiano per fatti commessi da magistrati).
La vicenda potrebbe essere una occasione irripetibile per ripensare e riformare la Legge Vassalli che appare assolutamente inidonea a disciplinare la materia secpondi principi di equità e giustizia oltrechè rappresentare un patente tradimento della volonta dei cittadini italiani espressa col referendum del 1988.
Abbiamo anche il numero del caso: C-379/10, speriamo che possa diventare un numero importante per l'organizzazione della nostra Giustizia nel nostro paese.

1 commento:

Amedeo Barletta ha detto...

Di seguito le massime estrapolate dalla Sentenza Traghetti del Mediterraneo:

Il diritto comunitario osta ad una legislazione nazionale che escluda, in maniera generale, la responsabilità dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto comunitario imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado per il motivo che la violazione controversa risulta da un’interpretazione delle norme giuridiche o da una valutazione dei fatti e delle prove operate da tale organo giurisdizionale.

Infatti, escludere, in simili circostanze, ogni responsabilità dello Stato equivarrebbe a privare della sua stessa sostanza il principio secondo il quale gli Stati membri sono tenuti a risarcire i danni cagionati ai singoli da violazioni manifeste del diritto comunitario derivanti dalla decisione di un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, in quanto una siffatta esclusione non garantirebbe ai singoli una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che il diritto comunitario conferisce loro.

(v. punti 33, 36, 40, 44, 46 e dispositivo)

2. La responsabilità dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a causa di una violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado può sorgere nel caso eccezionale in cui tale organo giurisdizionale abbia violato in modo manifesto il diritto vigente. Tale violazione manifesta si valuta, in particolare, alla luce di un certo numero di criteri quali il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere scusabile o inescusabile dell’errore di diritto commesso, o la mancata osservanza, da parte dell’organo giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 234, terzo comma, CE, ed è presunta, in ogni caso, quando la decisione interessata interviene ignorando manifestamente la giurisprudenza della Corte in materia.

A tal proposito, se non si può escludere che il diritto nazionale precisi i criteri, relativi alla natura o al grado di una violazione, da soddisfare affinché possa sorgere la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, tali criteri non possono, in nessun caso, imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di una manifesta violazione del diritto vigente, quale precisata ai punti 53‑56 della sentenza 30 settembre 2003, causa C‑224/01, Köbler.

Pertanto, il diritto comunitario osta ad una legislazione nazionale che limiti la sussistenza di tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, ove una tale limitazione conducesse ad escludere la sussistenza della responsabilità dello Stato membro interessato in altri casi in cui sia stata commessa una violazione manifesta del diritto vigente.

(v. punti 42‑44, 46 e dispositivo)